Il contratto di agenzia e la quantificazione dell’indennità di fine rapporto.

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La disciplina della indennità di fine rapporto risente in maniera rilevante dei problemi di sovrapposizione tra codice civile e contrattazione collettiva. Difatti, a seguito dei provvedimenti legislativi di attuazione della direttiva 86/653 il testo dell’art. 1751 c.c. è stato completamente sostituto, venendo meno la correlazione in precedenza esistente tra codice civile e aec, ai quali ultimi l’art. 1751 c.c. in passato effettuava un espresso rinvio.
Il nuovo testo dell’art. 1751 c.c. non contiene più alcun rinvio alla contrattazione collettiva , che ciò nonostante continua a prevedere in proposito una disciplina specifica, determinando così non pochi problemi di coordinamento. Dopo una lunga evoluzione giurisprudenziale in merito, è intervenuta la Corte di Giustizia che, con una pronuncia del marzo 2006, ha rilevato la sostanziale non conformità degli aec in particolare del 1992 con il testo della predetta direttiva.
Conseguenza diretta della pronuncia della Corte di Giustizia avrebbe dovuto essere la declaratoria di inefficacia delle previsioni contenute nella contrattazione collettiva in tema di quantificazione dell’indennità di fine rapporto. Tuttavia, in Italia sono seguite due sentenze della Corte di Cassazione dell’ottobre 2006, confermate da successive pronunce del marzo e aprile 2007 e da ulteriori pronunce del 2009, 2010 e 2011, secondo cui i criteri di calcolo indicati nella contrattazione collettiva costituirebbero una sorta di minimo garantito per l’agente, salvaguardandone dunque la validità in termini di trattamento minimo.
In altri termini, mentre sino al marzo 2006 i criteri della contrattazione collettiva venivano ritenuti maggioritari come un valido e generale metodo di calcolo dell’indennità di fine rapporto, l’attuale posizione della giurisprudenza del Supremo Collegio considera gli accordi economici collettivi come un mero trattamento minimo, salva la facoltà dell’agente di richiedere, laddove più favorevole, il diverso trattamento previsto dall’art. 1751 c.c.
Nella giurisprudenza italiana di merito si sono peraltro registrate alcune pronunce che hanno stabilito la nullità degli aec nella parte in cui fissano criteri di quantificazione dell’indennità di fine rapporto. Ad ogni modo, resta da risolvere il problema dell’individuazione dei criteri di calcolo dotati di una sufficiente margine di generalità ed astrattezza tali da poter essere utilizzati preventivamente nei singoli concreti.
L’assenza dei predetti criteri comporta che l’importo riconosciuto all’agente a titolo di indennità di fine rapporto nel caso di cessazione del rapporto di agenzia, a condizione che ne sussistano i requisiti di esistenza, viene determinato partendo dalla soglia minima costituita dall’applicazione degli aec (ammesso che risultino applicabili), fermo il limite massimo di un’annualità di cui all’art. 1751 c.c..

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