Il fascino del mondo delle startup è forte
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Internet e i social media sono diffusissimi fra gli studenti universitari italiani. Eppure solo uno su cinque è andato oltre, gestendo un blog, un sito, una pagina Facebook che non fosse personale, un canale YouTube o uno strumento di e-commerce. Fra l’altro, solo uno su quattro dimostra conoscenze teoriche decenti, fornendo la giusta definizione di concetti chiave del digitale applicato al business come “mobile advertising”, “cloud”, “fatturazione elettronica” o “big data”. Tutte categorie che invece dovrebbero saper maneggiare, specialmente nel pieno del percorso di studi.

Eppure, lo dimostra una ricerca condotta da University2Businessdel Gruppo Digital360 supportata da diversi parner, da Kpmg a Ibm, nonostante questa impreparazione di fondo lo spirito imprenditoriale non manca. Il 10% ha già avviato un’attività di questo tipo e un altro 10% sta cercando di farlo. Allargando il tiro, il 40% degli studenti dichiara di aver avuto un’idea di business e il 30% di aver frequentato un corso su come creare una nuova azienda.

Dopo economisti e informatici, segmenti fra i quali quel 40% sale rispettivamente al 50% e al 48%, si tratta in realtà di un fenomeno trasversale con percentuali che oscillano fra il 34 e il 39% in tutti gli altri ambiti di studio. Fra le ragazze la cifra scende al 28%, fra i maschi si piazza al 51%.

Il fascino del mondo delle startup è forte: il 60% è in grado di dare una corretta definizione del termine e quasi il 90% tenta di delineare le principali caratteristiche alla base del successo di una nuova impresa. Al vertice ci sono “il team della startup”, “l’idea iniziale” e “il gradimento del mercato” seguiti dalla possibilità di “trovare un finanziatore”.

Il futuro è oggi: sei pronto?, questo il titolo dell’indagine, è basata un campione statisticamente significativo dell’intera popolazione degli 1,6 milioni di studenti universitari italiani stratificata per facoltà, genere e macro-regione geografica, approfondendo la preparazione sull’innovazione digitale e sull’imprenditorialità sia dal punto di vista sia teorico che pratico. Il dato più evidente è anche quello più contraddittorio: l’iniziativa è molta ma le competenze ancora scarse.

“In un’economia matura come quella italiana i due principali motori della crescita economica, sia a livello di Pil sia di occupazione, sono rappresentati dall’innovazione digitale e dalla nuova imprenditorialità – dice Andrea Rangone, Ceo di Digital360 – dalla ricerca emerge però come la maggioranza degli studenti universitari italiani oggi si affacci al mondo del lavoro con una scarsa conoscenza della trasformazione digitale in atto nell’economia e con un approccio passivo al mondo digitale”.

Internet e i social network sono d’altronde buoni per informarsi (41%), esplorare il mondo (36%) e aumentare la produttività (33%). Sei su dieci usano più di una piattaforma e più di una chat, su cui svettano senza sorprese Facebook e Whatsapp. Ma l’esperienza è poca: solo uno su cinque ha lanciato progetti digitali e nel 70% con risultati modesti in termini di audience e traffico. Per esempio, il 13% degli studenti ha un proprio blog o un sito ma solo uno su due aggiorna i contenuti almeno una volta alla settimana; il 23% degli studenti gestisce una pagina Facebook oltre al profilo personale, ma oltre la metà lo fa solo per divertimento o per parlare con gli amici; il 17% ha un canale Youtube, ma solo il 20% lo aggiorna almeno una volta alla settimana e così via.

Questioni teoriche a parte, uno studente su tre ha compreso l’importanza dello sviluppo dei software per il proprio futuro, tanto da volersi lanciare oltre l’offerta formativa universitaria: il 10% degli studenti sa già sviluppare e oltre il 20% sta imparando a farlo. Fra questi ultimi, quasi la metà lo fa autonomamente e non all’università. Questa consapevolezza – pur con l’ovvia eccezione degli informatici che mostrano percentuali ben superiori – è trasversale rispetto al tipo di università frequentata. Fra i linguaggi spiccano Java (58%), Html (42%) che pure non è propriamente un linguaggio ed Sql (21%). Per le applicazioni mobile, le piattaforme più utilizzate sono Android (45%) e iOS (34%), ma sono diffuse anche Htlm5 e Windows mobile (entrambe oltre il 20%). Ma la metà di chi sviluppa lo fa per divertimento.

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