Il Tesoro mette a dieta le Poste

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Ci sono 55 milioni di ricavi in meno nel bilancio chiuso dalle Poste Italiane a giugno scorso. Non certo una cifra in grado di mettere in difficoltà il gruppo guidato da Massimo Sarmi. Le Poste, nonostante questo, hanno infatti archiviato il semestre con un utile di 362 milioni, solo di poco inferiore rispetto ai 415 milioni dello stesso periodo del 2012.

Significativa è però la causa del decremento dei ricavi che hanno riguardato in particolare i servizi finanziari del gruppo postale: a incidere negativamente è stata infatti la riduzione del tasso di remunerazione riconosciuto dal ministero dell’Economia e delle Finanze sulle giacenze raccolte dalla Pubblica Amministrazione, risultate peraltro in calo, e impiegate obbligatoriamente presso Via XX Settembre.

Si tratta, più in dettaglio, dell’attività di impiego della liquidità della capogruppo che proviene appunto dai conti correnti degli enti della pa e che le Poste sono obbligate a versare al Mef, ottenendo in cambio da Via XX Settembre una remunerazione a tasso variabile, che viene definita secondo un’apposita convenzione firmata con il ministero. Una cifra rilevante, a dicembre scorso quasi 5,5 miliardi, ma nell’ultima semestrale presentata a giugno dalle Poste risultava che il tasso riconosciuto sulla giacenza era stato quasi dimezzato, passando dal 4,68 al 2,92%.

Un taglio netto, quindi, che, a quanto pare, potrebbe essere ancora rivisto. In un altro passaggio del bilancio si legge infatti che «dal 1° gennaio 2008 gli impieghi sono remunerati a un tasso variabile», che viene calcolato «su un paniere di titoli di Stato e indici di mercato monetario» fissato appunto dalla convenzione. L’accordo, rinnovato il 10 aprile 2012, è però scaduto a dicembre dell’anno scorso «ed è attualmente in corso di rinnovo fino al 31 dicembre 2014».

Ma, come detto, il gruppo continua a registrare risultati positivi, nonostante il difficile periodo economico e la crisi del settore postale tradizionale. La riduzione del risultato operativo di 102 milioni, da 763 a 661 milioni, è da attribuire in particolare al calo del segmento postale, dimezzato da 302 a 154 milioni Mentre il settore servizi finanziari ha registrato un risultato operativo in aumento da 233 a 284 milioni: pur crescendo in alcune importanti componenti, come la giacenza media dei conti correnti della clientela privata «è riuscito a compensare l’andamento del business postale in misura solo parziale», si legge nella relazione al bilancio, proprio perché «sul risultato del settore ha inciso negativamente la riduzione del tasso di remunerazione riconosciuto dal Mef sulle giacenze raccolte dalla Pa». Insomma, i conti correnti e i prodotti bancari, proprio per il taglio del Tesoro sono riusciti ad arginare meno del solito il calo, ormai continuo e costante, dell’attività postale tradizionale. Bene, come sempre, sono andati i servizi assicurativi, con una crescita dei premi raccolti a 6,6 miliardi, quasi l’8% in più dello stesso periodo dell’anno scorso. Per di più ad andare bene sono stati in particolare i prodotti di ramo I, quelli più redditizi, anche se sono caratterizzati da un ritorno economico diluito in più esercizi. Così il risultato operativo del settore è rimasto sostanzialmente stabile, a 204 milioni.

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