La Commissione europea aumenterà gli investimenti nell’energia nucleare
La Commissione europea mira ad accrescere la capacità nucleare.
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La Commissione europea mira ad accrescere la capacità nucleare. Ma a che prezzo? Bruxelles ha stimato un investimento globale tra i 350 e i 450 miliardi di euro. Ma il piano potrebbe comportare una spesa ben più elevata, fino a 550 miliardi.

I costi iniziali

La cifra, tra l’altro, si riferice solo alla costruzione e alla manutenzione degli impianti, escludendo i costri operativi. Ma nel conto bisogna mettere anche i costi operativi, come quelli per l’acquisto dell’uranio (principale elemento usato nella fissione nucleare), i costi di smantellamento delle centrali vecchie, e quelli per lo smaltimento delle scorie. L’investimento iniziale “rappresenta circa il 70% del costo di un nuovo reattore mentre i costi operativi rappresentano solo circa il 15% e i costi del carburante circa il 15% dell’importo totale”, ha spiegato a Euractiv il professore di Economia dell’energia Jacques Percebois. Senza dimenticare i rischi, dai potenziali incidenti alla dipendenza europea da Mosca per circa il 70% delle importazioni di tecnologie e carburanti nucleari (un settore dell’industria russa che finora Bruxelles si è guardata bene dal sanzionare). 

I finanziamenti

Il range del costo dell’investimento iniziale è molto variabile d’altronde: non solo bisogna considerare l’inflazione per ogni anno che passa dall’inizio dei lavori, ma anche i tassi di interesse dei finanziamenti che, secondo il professore francese, impattano il prezzo finale per “più o meno il 30%”. Tali tassi variano sulla base di diversi fattori, come l’importo richiesto, l’istituto finanziario che offre il prestito e la fiducia di quest’ultimo nei confronti della riuscita del progetto. Esistono però delle alternative ai prestiti esosi delle banche tradizionali: fare ricorso ai sussidi statali esercitando l’opzione degli aiuti di stato; ricorrere a banche pubbliche a tassi agevolati come la Banca europea per gli investimenti (Bei); e, in un (forse) non lontano futuro, attingere a fondi europei ad hoc per l’energia nucleare, come vorrebbero i Quattordici pro-nucleare.

I costi operativi 

I costi operativi, espressi in kilowattora (Kwh) o megawattora (Mwh), sono influenzati dal tasso di produzione di energia, cioè la quantità di energia che il reattore è in grado di generare in una data unità di tempo. Percebois parla di “una stima del costo attuale dell’energia nucleare (per una flotta di 56 reattori in funzione, ndr) di circa 60 euro per Mwh”. Il problema è che questo tasso è difficilmente prevedibile, il che rende ulteriormente complicato qualsiasi tentativo di anticipazione dei costi futuri. 

A influenzare notevolmente i costi operativi è anche la tecnologia scelta: centrali più grandi e complesse richiedono più tempo e più soldi. Il problema, al momento, sembra anche essere la non replicabilità dei reattori. “Così come non si trova mai due volte lo stesso aeroporto, non si trova mai due volte lo stesso reattore nucleare”, ha spiegato François Lévêque, professore di economia alla Scuola di ingegneria Mines Paris Psl. “Di conseguenza […] i costi ristagnano o aumentano, ma non scendono mai”.

È anche vero che, con una produzione in serie, i costi vengono abbattuti, così come è successo alle tecnologie verdi (vedi il caso dei pannelli solari, al netto delle dinamiche geopolitiche per il reperimento del silicio). È stato calcolato che “grazie all’effetto seriale, i costi unitari dei reattori prodotti in serie possono essere inferiori del 20-25%” rispetto ai costi del primo reattore, ha detto Percebois.

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