La Corte di appello di Milano ha rigettato «integralmente» l’impugnazione proposta da Rcs Mediagroup
Rcs Mediagroup aveva presentato sette motivi di impugnazione in Corte di Appello per dimostrare, in primis, come la propria difficoltà economica emerga chiaramente nei contratti e dai conti del gruppo quotato, e dunque come la situazione finanziaria abbia influito sulle scelte e sulle decisioni negoziali che avrebbero favorito Blackstone.
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Rcs Mediagroup aveva presentato sette motivi di impugnazione in Corte di Appello per dimostrare, in primis, come la propria difficoltà economica emerga chiaramente nei contratti e dai conti del gruppo quotato, e dunque come la situazione finanziaria abbia influito sulle scelte e sulle decisioni negoziali che avrebbero favorito Blackstone. Per i tre legali, che hanno discusso per quasi tre ore Rcs, si trovava un una situazione di difficoltà economica tale da incidere sulla sua capacità di autodeterminarsi e, pertanto, da integrare il requisito necessario per configurare il reato di usura. Versione a cui si sono opposti gli avvocati di Blackstone che hanno sottolineato e ribadito la bontà e la legittimità dell’operazione. I giudici non hanno fornito una data per la sentenza ma hanno garantito alle parti il rispetto dei termini.

Ora la partita si sposta negli Stati Uniti. Davanti alla suprema Corte di New York è in discussione la causa risarcitoria, intentata questa volta dal fondo Blackstone contro Rcs e Cairo per 600 milioni di dollari (300 milioni per la mancata rivendita del complesso immobiliare ad Allianz Real Estate a causa, secondo gli avvocati del fondo, dell’interferenza esercitata da Rcs, e altri 300 milioni di relativi danni.

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