La Federal Reserve System conferma che la lotta all’inflazione resta in cima alle priorità
La banca centrale degli Stati Uniti d'America sottolinea il rischio di un’inflazione e la conseguente volontà di continuare ad alzare i tassi di interesse per contenere le pressioni sui prezzi.

La banca centrale degli Stati Uniti d’America sottolinea il rischio di un’inflazione e la conseguente volontà di continuare ad alzare i tassi di interesse per contenere le pressioni sui prezzi.

Fed: possibile un nuovo aumento dei tassi a fine luglio

Sarà “probabilmente appropriato” un aumento dei tassi d’interesse di 50 o 75 punti base alla prossima riunione alla fine di luglio, viene spiegato nei verbali, dopo la stretta di 75 punti base del giugno scorso, che ha portato i tassi di interesse all’1,5%-1,75%. Alla precedente riunione, era stato deciso il primo rialzo di mezzo punto percentuale dal maggio 2000. A marzo, la banca centrale statunitense aveva annunciato il primo rialzo dei tassi d’interesse (di 25 punti base) dal dicembre 2018. Rialzi decisi per contrastare l’inflazione, ai massimi degli ultimi 40 anni.

I verbali mostrano quindi che la Fed appare decise a proseguire gli sforzi per raffreddare l’economia almeno fino alla fine dell’anno. Con l’impennata dei prezzi dei dei generi alimentari, dell’energia, delle abitazioni e di altri beni che stanno schiacciando le famiglie americane, i membri della Fed “hanno sottolineato che un adeguato irrigidimento della politica monetaria, insieme a comunicazioni chiare ed efficaci, saranno essenziali per ripristinare la stabilità dei prezzi“.

Rimane comunque il rischio che l’inflazione continui ad accelerare, a causa dell’incertezza sulla guerra Ucraina e delle chiusure per il Covid-19 in Cina. I banchieri hanno riconosciuto che potrebbero essere ancora più aggressivi nell’inasprire la politica monetaria “se le elevate pressioni inflazionistiche dovessero persistere”. Ma i verbali sottolineano che i rischi di inflazione rimangono “orientati verso l’alto”.

Il parere degli analisti

“Forse il cambiamento di tono più notevole è la crescente accettazione del fatto che la crescita potrebbe dover essere sacrificata per ripristinare la stabilità dei prezzi, con la consapevolezza che questo è un costo che si è disposti a pagare”, commenta Michael Feroli, capo economista Usa di JP Morgan in una nota ai suoi clienti. I rendimenti dei Treasury, già in forte crescita, hanno ampliato i loro guadagni dopo le minute.

“È chiaro che l’economia sta rallentando, trascinando i prezzi delle materie prime verso il basso, e dunque cominciano a calare le aspettative di inflazione” spiega Brian Levitt, strategist di Invesco. “I rischi in questa fase – aggiunge – sono ancora molto elevati, ma stiamo iniziando a vedere dei progressi nella direzione auspicata”. Un’inflazione in leggero calo, mentre alcuni settori dell’economia riducono la crescita, potrebbe portare a una recessione lieve, o forse a quell’hard landing a cui punta il presidente della Fed Jerome Powell.

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