La pentita di Mps incastra la banda del 5% “Mi dissero che le creste erano la norma”

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C’è una “pentita” nelle passate vicende truffaldine di Mps. È Italia Sinopoli, l’unica indagata che ha ammesso l’esistenza del «sistema Enigma-Mps, consolidato sodalizio criminale che ha operato in più stati (un’aggravante, ndr) per oltre quattro anni e tuttora vitale». Lo si legge nelle 34 pagine con cui il gip Ugo Bellini ha derubricato la richiesta di arresto dei pm per otto trader del Monte e del broker milanese a divieto di espatrio. L’ipotesi di reato è truffa, con imboscamento off shore di 90 milioni di «profitti illeciti» fatti triangolando operazioni mobiliari con la banca senese fino al 2009. Sinopoli, 40enne ex dirigente di Mps Finance, ha dato un «significativo e rilevantissimo sostegno della sussistenza dei vorticosi flussi finanziari tra Mps ed Enigma», scrive il gip. Ha riempito pagine di verbali confessando di avere ricevuto da Enigma somme su un conto aperto in una banca di San Marino chiamando in causa Gianluca Baldassarri (ex capo area finanza di Mps) e altri degli 11 indagati, in pratica la già nota“banda del 5%” al gran completo.

In due interrogatori Sinopoli, in passato legata sentimentalmente al broker di Enigma Fabrizio Cesarani (uno degli 11 indagati), ha spiegato il «collaudato sistema». Lei e altri ristornavano un 20% su operazioni finanziarie curate «non al meglio» dall’area finanza Mps, che «accettava sistematicamente offerte di contrattazione che arrivavano da Enigma nel limite massimo dellafascia a favore di Enigma, e non di Mps come avrebbero dovuto fare ». Poi si retrocedevano gli aggi estero su estero. «Fu Cerasani – ha dichiarato Sinopoli – che mi aiutò ad aprire un conto a San Marino: mi diceva che tutti i soci Enigma godevano di ottimi rapporti con i vertici dell’area finanza e che le retrocessioni erano prassi diffusa ».
Ai pm di Siena Aldo Natalini, Giuseppe Grosso e Antonino Nastasi, l’indagata ha raccontato che Cerasani le aveva rivelato che Enigma lavorava con Toccafondi e Pantalena (dirigenti Mps indagati, ndr) che incontrò a Milano quando vi furono trasferiti nel 2008-2009. «Cerasani mi disse che operava anche con i capi dell’area finanza, in particolare Baldassarri. Non mi precisò il volume dell’operatività, disse soltanto che era stimato dai capi dell’area finanza, e quanto veniva riconosciuto a me era un niente, “due lire” rispetto ad altri dentro Mps». Da una ricostruzione degli inquirenti, su 12,45 milioni di “creste” spartite dal gruppo e trasferite dalla Rockport di Anguilla alla Uib di Vanuatu solo 100mila euro andarono a Sinopoli. Ha aggiunto l’indagata: «Cerasani mirassicurava sostenendo che quei riconoscimenti erano leciti e consolidati, specie con Baldassarri e gli altri dell’area finanza, e che io ero troppo ingenua e che vivevo nel mondo dei sogni». Baldassarri, incarcerato nel febbraio 2013, un mese dopo interrogato dal gip «nulla ha voluto chiarire sull’origine dei capitali scudati e del suo rilevante patrimonio mobiliare».
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