La rivoluzione digitale delle banche? Deve partire dai Ceo
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Anche delegando parte del loro ruolo a nuove figure che parlano il linguaggio del cambiamento. È una grande chiamata alla responsabilità e alla definizione di una visione rivolta a chi guida l’industry bancaria nel report realizzato da The European House – Ambrosetti, che affronta nei dettagli l’attualità della sfida che le banche hanno intrapreso ma che hanno davanti una strada ancora lunga, quella di traghettare uno dei modelli di business più antichi e radicati nelle nuove forme dell’era digital/social. Non tanto per essere moderni a tutti i costi ma per rispondere alle rinnovate attese dei clienti, soprattutto ora che su tanti ambiti fino a pochi anni fa prettamente “bancari” – in primis i servizi di pagamento – si affacciano con soluzioni innovative nuovi e inaspettati competitor provenienti appunto dal mondo del digitale.
Una sfida che non si può vincere semplicemente adattando il vecchio modello o con uno sforzo d’impegno che coinvolga tutta la struttura. A dare la spinta deve essere la leadership (illuminata) di chi sta ai vertici.
I dati di partenza da quali questa partita prende il via non sono esaltanti. «Il settore bancario risente di un ridotto livello di innovazione (tra le prime 100 aziende più innovative al mondo, non figurano istituti bancari e tra i 1.000 top investor in R&S nella UE, solo 27 realtà appartengono al settore bancario, di cui solo 2 sono italiane)», scrivono gli analisti. «Oggi, nei maggiori gruppi bancari italiani, il 63,5% del cash out IT (spese correnti più investimenti) è destinato alla gestione corrente delle attività (run the business), e meno di un terzo (36,5%) ai processi di innovazione e cambiamento (change the business)». Che fare? In sintesi, «riorientare gli investimenti in Ict da strumento di efficienza e leva di competitività per lo sviluppo del business».
Non tanto per mettersi in pari con la realtà, ma dando a questo investimento un valore strategico.
«Governare la trasformazione digitale traendone valore rappresenta una priorità per i vertici delle banche e richiede che la strategia dei Chief Executive della banca – intesi come coloro che rivestono una posizione di general management, con una visione a 360 gradi e responsabilità sull’offerta e sull’organizzazione – sia definita sulla base di tre assunti di partenza», che sono i seguenti:
  • Il digitale non è più un’opzione, ma una necessità per la sostenibilità del business nel medio-lungo periodo.
  • Il digitale pone al centro il cliente e la relazione con la banca è spesso diretta da quest’ultimo.
  • Il digitale è un elemento concettuale della pianificazione strategica e non più uno strumento.
Per guidare con successo l’evoluzione in chiave digitale della banca, il Ceo deve intervenire su due pilastri:
  • la focalizzazione sul core business della banca (depositi, pagamenti, prestiti e servizi di investimento) e sui servizi chiave, ripensati in un’ottica di customer journey end-to-end.
  • il rafforzamento della relazione fiduciaria con il cliente, oggi sempre più “mobile” per l’intensificarsi della concorrenza nel mercato e la pervasività delle nuove tecnologie che rendono molto più facile accedere direttamente ai servizi (disintermediazione), così come a fornitori, che offrono prodotti o servizi similari (con il rischio di commoditizzazione per i beni a minor valore aggiunto).
«In uno scenario in cui 7 aziende italiane su 10 dichiarano criticità nel reperire e sviluppare competenze adeguate nelle aree digitali», sottolinea il Report,«anche le banche faticano ad individuare e attrarre le nuove professionalità richieste dalle sfide della digitalizzazione (ad esempio, Ict Security Specialist, Enterprise Architect, Business Analyst, Data Scientist, Social Media Manager, ecc.). Occorre quindi una gestione integrata delle competenze a più livelli, che si sviluppi lungo le seguenti linee:
  • attività di recruiting delle posizioni-chiave e integrazione delle competenze digitali nei percorsi di crescita professionale;
  • iniziative di aggiornamento permanente per i dipendenti, ad esempio in laboratori, internal academy e community, o attraverso il lancio di progetti speciali;
  • talent management.
Ma c’è un ruolo chiave, soprattutto e tutti, che è fondamentale in questo percorso. Si chiama Chief Transformation Officer (CTO) ed è la figura che dovrebbe guidare questo cambiamento. «Una professionalità che si sta affermando soprattutto nelle realtà di maggiori dimensioni operanti in settori interessati dalla rapida accelerazione tecnologica, tra cui anche banche e assicurazioni», osservano da Ambrosetti, portando alcuni esempi. A giugno 2016, la National Bank of Canada ha attribuito a uno dei suoi Vice Presidenti Esecutivi la delega di CTO per accelerare il deployment e valorizzare le iniziative imprenditoriali strategiche già in corso, sfruttando al meglio l’agilità, il talento e la tecnologia digitale dell’istituto. La nuova funzione, che riporta direttamente al Presidente, ha il compito di garantire l’efficace integrazione dei progetti in un periodo di rapidi cambiamenti, sia per la banca che per i suoi clienti.
Anche AXA, nell’ambito della propria strategia di focalizzazione sui clienti e sul rinnovamento del Gruppo, ha recentemente istituito la figura di Group CTO, che si affiancherà al CIO, al quale è stata attribuita la responsabilità sull’innovazione (progettazione, sperimentazione e attuazione) di nuove proposte di prodotti e servizi assicurativi.
Per il suo sviluppo futuro, l’industria bancaria deve tenere conto di sette fenomeni che si stanno affermando a livello globale:
1. La crescita del settore Fintech (che sta disintermediando il mondo dei servizi finanziari, inserendosi in specifiche nicchie di mercato grazie a nuove tecnologie e nuovi strumenti di analisi) e delle banche “pure digital”.
2. L’utilizzo dei Big Data, da cui la banca può trarre notevoli benefici (modelli predittivi, soluzioni personalizzate, politiche commerciali più efficaci, ecc.), a condizione che l’infrastruttura tecnologica sottostante venga aggiornata per poter sfruttare al meglio questo patrimonio.
3. I processi di dematerializzazione e automatizzazione, da applicare alla razionalizzazione delle attività di front e back-office.
4. Le tecnologie blockchain (che impatteranno sul ruolo della tecnologia nelle procedure di controllo, con una riduzione collettiva del rischio e minori costi e tempi) e l’Internet delle Cose (IoT).
5. Il cloud computing, che aumenterà la reattività all’innovazione, rafforzando la relazione il cliente e riducendo tempi e costi.
6. Le piattaforme peer-to-peer (P2P), ambito in cui anche i maggiori gruppi bancari stanno entrando per ridurre il rischio di essere disintermediati.ù
7. La Cyber Security, elemento chiave per garantire la fiducia degli utenti verso i servizi erogati, oltre che per proteggere l’infrastruttura e le piattaforme delle banche dal crescente rischio di attacchi informatici esterni.
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