Su 185 milioni di investimenti in capitale di rischio per favorire la creazione di start up innovative in Italia, dal 2013 al 2015 l’isola ne ha attirati 36, circa il 20% del totale. Di meglio ha fatto solo la Lombardia, dove sono stati investiti 48 milioni, mentre l’Emilia-Romagna è al terzo posto con 25 milioni, seguita dal Lazio. Lo dicono i dati Aifi, l’Associazione italiana del venture capital, private equity e private debt, che intende ripartire dal territorio per dare un nuovo impulso al capitale di rischio a sostegno dell’innovazione.
A parte queste eccezioni i dati regionali restituiscono ancora una volta l’immagine di un Paese spaccato a metà: nel Centro-Nord, infatti, si registrano circa il 70% degli investimenti e delle operazioni di venture capital. Le regioni del Sud, invece, arrancano. In alcune, come Puglia e Molise, non si registrano operazioni di early stage nel periodo considerato. In altre, come la Basilicata e la Calabria, gli interventi di fondi nel capitale delle start up si contano sulle dita di una mano e sono rispettivamente una e cinque nei tre anni presi in esame.
«Nel Mezzogiorno – sottolinea Anna Gervasoni, direttore generale dell’Aifi – l’innovazione non manca, ma è molto difficile attrarre investimenti, spesso anche per motivi di sicurezza. Il nostro obiettivo è mettere in rete i casi di eccellenza per fare in modo che queste energie non vengano disperse».
La Sardegna invece viaggia controcorrente.«Il sostegno all’innovazione – spiega l’ assessore all’Industria, Maria Grazia Piras – è uno dei tratti distintivi della nostra regione. Una delle iniziative più recenti è stata la creazione, finanziata con risorse Ue 2014-2020, di un fondo di venture capital per finanziare da 150mila fino a un massimo di un milione di euro». Lo strumento è attivo da aprile e i beneficiari sono start up innovative che operano in Sardegna, «con un particolare focus sull’Ict e sull’agroalimentare, fiori all’occhiello della nostra economia». La dotazione iniziale è di 10 milioni di euro, ma «siamo pronti – dice l’assessore – ad aumentarla se necessario».
La Sardegna non è un caso isolato. Negli ultimi anni, a livello nazionale, si è sviluppata una comunità di investitori pronti a scommettere sul territorio. Oggi su venti operatori di venture capital in Italia ben 13 sono regionali. «La loro presenza – spiega il direttore generale dell’Aifi – è fondamentale, perché gli investimenti in venture capital hanno una forte connotazione geografica e la prossimità è un fattore essenziale soprattutto nelle prime fasi di investimento».
Chi sono le neo imprese che vengono finanziate con capitale di rischio? Hanno da zero a tre anni e sono in genere guidate da imprenditori con un’età media intorno ai 30 anni. A livello nazionale appartengono soprattutto ai settori dell’informatica, dei servizi non finanziari e del medicale, ma ciascun territorio presenta le proprie specificità, legate alle caratteristiche dell’economia e alle specializzazioni degli atenei. Così in Lombardia primeggiano l’Ict, il biotech e i servizi, in Emilia-Romagna l’alimentare, in Toscana il biotech e la meccatronica. Il ticket medio degli investimenti del venture capital è di circa un milione di euro.
«Oggi in Italia – aggiunge Gervasoni – abbiamo uno degli ecosistemi per start up migliori d’Europa, grazie anche a un quadro normativo e fiscale che negli ultimi anni è diventato più favorevole». E cita gli organismi che lo popolano: 5.657 start up innovative, 3mila business angels, 96 incubatori e acceleratori, 43 parchi tecnologici e 49 gare di start up. Le aziende innovative, poi, hanno avuto il riconoscimento del loro status con la creazione di una sezione speciale del Registro delle imprese a loro dedicata. «Adesso – conclude Gervasoni – non dobbiamo più piangerci addosso, ma occorre condividere le esperienze maturate sul territorio e fare un ulteriore scatto in avanti».