Le startup innovative sono diventate un tema popolare
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Si spera contribuiscano al rilancio dell’economia e dell’occupazione: popolare al punto da entrare nel confronto elettorale. L’entusiasmo però non deve far perdere di vista il quadro. È certamente vero che l’atmosfera è favorevole e che l’esperienza dell’Expo ha cambiato il clima: a Milano, oggi, si dedicano aggettivi come «frizzante», «vibrante» e «cool», un tempo riservati alle metropoli dell’India e della Cina. Investitori e aziende internazionali guardano alla nostra città come a una destinazione imperdibile e conveniente rispetto alle capitali europee: sia per aprire nuovi business che per espanderli. Tra le startup più strutturate, in particolare, va prendendo forma l’obiettivo di creare a Milano un grande polo delle piccole imprese innovative, che superi l’attuale polverizzazione del settore portandolo a una fase più alta di concentrazione e di sviluppo. Milano ha i capitali, le infrastrutture, la cultura imprenditoriale, le università e, soprattutto, quel forte senso della competizione internazionale che la rende così eternamente insoddisfatta e, per questo, così vitale.

Dunque c’è una grande opportunità per Milano. In modo altrettanto chiaro, però, dobbiamo saper vedere i limiti. Il più grave è proprio quello della parcellizzazione delle iniziative: tanto impegno, tanti sforzi che non trovano un punto di coagulo, che non riescono a fare massa critica. Penso alle nuove imprese digitali che si vanno installando nell’area di Porta Nuova. Alle formidabili attività di coworking come il Talent Garden di Davide Dattoli. Ma anche al modo in cui la Fondazione Prada sta facendo rinascere il quartiere Ripamonti. Tutto in assenza di un disegno complessivo. Le risorse ci sono, materiali e immateriali. Ma per compiere il salto come Londra e Berlino, che dell’innovazione hanno fatto un sistema e una bandiera, serve una visione nuova. Una proposta da considerare è quella di partire da alcuni quartieri trasformandoli in «zone speciali digitali» (rubiamo il termine alla Cina di Deng) per poi diffondere il beneficio all’intera città. Quartieri che godano di facilitazioni finanziarie, fiscali e burocratiche per le nuove imprese. Dove siano agevolate, ad esempio, le iniziative di coliving (le unità residenziali con spazi di lavoro in comune) come Techfarm.se a Stoccolma. Crogiolarsi al sole dell’Expo è piacevole ma non ci si può fermare lì: servono coraggio e coesione. E quest’ultima sembra la risorsa più scarsa, come dimostrano le dispute sul progetto Human Technopole.

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