Legittimità del mutuo contratto per ripianare un debito pregresso
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Tribunale di Terni, 1 settembre 2015, n. 719

Il principio fondante alla base della pronuncia che in questa sede si vuole esaminare inerisce il contratto di mutuo. In modo particolare si presuppone che, ai fini del suo perfezionamento, condizione sufficiente, sia che la somma venga versata sul conto corrente di cui è titolare il soggetto a sua volta riconducibile alla parte mutuataria. Pertanto, avulsa da qualsivoglia sindacato di legittimità, dovrà considerarsi valida l’operazione tramite la quale i fideiussori di una compagine societaria stipulino un mutuo fondiario per sanare le pregresse esposizioni debitorie di quest’ultima. Ciò a condizione, come per altro poc’anzi in parte accennato, che la somma venga versata sul conto corrente della parte mutuataria: sarà però necessario, in questo caso, che venga di seguito “girata” su quello della società.

Nella fattispecie presa in esame, l’istituto di credito viene citato in giudizio dai soci ed amministratori di una società di capitali, adducendo di aver rilasciato una fideiussione omnibus a seguito dell’apertura di un contratto di credito in conto corrente intestato alla predetta compagine e, in un secondo momento, di avere stipulato con la stessa banca un mutuo fondiario. Le somme così ottenute, sono state adoperate per ripianare le esposizioni debitorie di cui era precedentemente titolare la società. La parte attorea ha dunque contestato il mancato perfezionamento del contratto di mutuo, la nullità per difetto di causa ex art. 1418 c.c., simulazione dello stesso, nonché nullità delle relative ipoteche iscritte. Contestava altresì la spettanza, nei confronti della banca, degli interessi dovuti dal periodo successivo alla risoluzione del contratto, da considerarsi avvenuta con relativa notifica dell’atto di citazione. A sua volta, l’istituto di credito convenuto, opponendosi alle succitate tesi, deduceva che il contratto stipulato dai soci amministratori si dovesse considerare come un tipico contratto di mutuo fondiario, e non di scopo, dal momento che la parte attorea aveva utilizzato le somme erogate sul proprio conto al fine di sanare l’esposizione debitoria della società. Il tribunale di Terni ha così accolto la difesa avanzata dal convenuto, rigettando in pieno le domande di parte attorea e condannando anzi, i mutuatari, a spese legali maggiorate del 10 % rispetto al valore della domanda.

La motivazione pregnante della pronuncia prende le sue mosse da un principio enunciato in più di una sentenza della Suprema Corte in virtù del quale, il mutuo fondiario, differisce nettamente da quello di scopo per la mancanza di una specifica finalità cui risulti destinata la somma erogata, intendendosi piuttosto caratterizzato “dalla possibilità di prestazione da parte del proprietario di immobili a garanzia ipotecaria” (Cass. N. 9511 del 20/04/2007 e successive conformi). Non essendovi dubbio alcuno in merito al suo perfezionamento, il giudice non ha potuto dichiarare la nullità ex art. 1418 c.c., mancando qualsiasi patto modificativo inerente la natura del contratto. Altresì nulle devono considerarsi le eccezioni di parte attorea in merito alla simulazione e alla non debenza degli interessi, dal momento che, nel primo caso, non sussistono, a suo fondamento, elementi probatori di sorta, mentre, nel secondo, non risulta vizio alcuno che possa generare una risoluzione contrattuale.

Alla luce delle indicazioni deducibili dalla pronuncia qui in commento si pone l’accento, dunque, sul tema dell’adozione del mutuo fondiario quale valido strumento per la risoluzione delle problematiche inerenti la crisi d’impresa, vista la possibilità di utilizzo della liquidità da esso generata, per estinguere precedenti esposizioni debitorie.

Articolo tratto da

iusletter

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