E aver perso il treno per costruire una Silicon Valley tutta italiana, potrebbe tagliare fuori l’Italia dal circuito virtuoso dell’occupazione. Enrico Moretti, docente all’Università della California di Berkeley, ha scritto La nuova geografia del lavoro tre anni fa, secondo Forbes “il libro di economia più importante dell’anno”. Intervenuto nell’evento inaugurale dell’undicesima edizione del Festival dell’Economia di Trento, l’economista italiano già invitato da Barack Obama ad esporre le sue ricerche, ha presentato assieme a Tito Boeri i risultati dei suoi ultimi studi. Indagini che dimostrano, una volta per tutte, quanto per salire sul treno del futuro contino soprattutto gli investimenti in innovazione.
Secondo Enrico Moretti, ciò che determina la produttività è cambiato. Se nel Dopoguerra avere accesso alle macchine e ai mezzi di trasporto faceva la differenza, oggi è il capitale umano a determinare il successo in economia. «La creatività del lavoratore e la propensione a innovare spiegano la crescita di città come San Francisco, Seattle e Washington. In questi posti, crescono i salari e il numero degli occupati. A Detroit, Cleveland e Philadelphia, centri dal glorioso passato produttivo, i salari calano assieme ai posti di lavoro», spiega al Corriere l’economista italiano. Del resto, a San Francisco, Seattle e Washington il 40% degli occupati ha una laurea o un dottorato, e di conseguenza la media degli stipendi si aggira sui 100 mila dollari l’anno. Non se la passa male neanche chi è in possesso di un diploma o una licenza liceale, ma ha avuto la fortuna o la lungimiranza di trovarsi in città ad alto tasso d’innovazione: la media dei salari dei diplomati che risiedono in città come San Francisco, Seattle e Washington è pari a 70 mila dollari l’anno e superiore alla media dei salari dei laureati in città a bassa concentrazione d’innovazione come Merced, Flint e Yuma, a non più di due ore di macchina da San Francisco.
Il rovescio della medaglia, se vogliamo, potrebbe essere rappresentato da due aspetti. Ragiona Enrico Moretti: «Il trend tende alla concentrazione di risorse. Le città più innovative, tendono a diventare sempre più innovative. Quelle con una bassa percentuale d’innovazione e di lavoratori altamente qualificati, tendono invece ad impoverirsi sempre di più. “Centri di cervelli” come San Francisco, storicamente sembrano allargarsi sempre più, ad attrarre talenti e creare posti di lavoro anche nei servizi. Seattle c’è riuscita in 15 anni, a partire dall’arrivo di Microsoft nel 1979, che ha poi spinto Amazon e Jeff Bezos ad aprire bottega lì». Città sempre più povere di talenti e posti di lavoro, però, non corrono il rischio di accentuare le disuguaglianze? «Certamente. Non investire in innovazione, vuol dire meno posti di lavoro per tutti, ma soprattutto nel settore dei servizi locali. Una tendenza che può accentuare le disuguaglianze».