L’ultima volta è capitato a febbraio del 2021. Da allora, ininterrottamente, per quasi due anni, i ricavi dell’industria sono sempre cresciuti a doppia cifra, portando gli indici registrati dall’Istat a nuovi record assoluti.
Con il mese di dicembre (+14,9%), si chiude così un anno in corsa per le vendite delle aziende, crescita media del 18% che fa seguito al +22% registrato nel 2021, l’anno del rimbalzo post-Covid.
A fare la differenza sono però i prezzi. Se infatti la crescita del 2021 era stata non troppo distante dissimile (+22,5% i valori, +15,6% i volumi), nel 2022 accade qualcosa di profondamente diverso: a fronte di uno scatto del 18% degli incassi le quantità lievitano infatti solo del 3,8%.
Esito di un periodo complesso, con l’impatto del caro-energia, della corsa delle materie prime, dell’impennata senza senso dei noli a sconvolgere i listini di ogni azienda, in un effetto a catena che ha provocato aumenti a tutti i livelli delle catene di fornitura spingendo verso l’alto i prezzi alla produzione.
Parte dell’aumento dei ricavi deriva evidentemente dall’export, dove l’Italia per la prima volta ha sfondato la soglia dei 600 miliardi, un centinaio oltre i livelli dell’anno precedente, che pure rappresentavano il record fino a quel momento. Giusto dire che anche in questo caso non si tratta di aumenti reali ma è bene sottolineare il fatto che quando le gare che affronti sono con tedeschi e francesi, giapponesi e statunitensi, magari cinesi o turchi, ogni incremento di prezzo non è mai scontato e viene accettato dal cliente solo se la proposta complessiva è adeguata e ritenuta competitiva.