Lo smartphone di Giuseppe Castagna è aperto sulla pagina degli andamenti di Borsa

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Quanto vale Bpm adesso? E Ubi? E il Banco Popolare? E la Bper? Le curve degli andamenti si intersecano e cambiano colore, da verde a rosso, a seconda dell’orizzonte d’osservazione. Di questi tempi, un puntuale controllo della capitalizzazione di Borsa è fondamentale, perché le trattative per unire Bpm a una delle altre banche popolari di primo piano sono aperte e si finisce sempre lì, ai concambi.

A quante azioni delle mia banca corrisponde un’azione della tua? La prima mossa del risiko bancario è davvero alle porte. Anche se questa è una settimana delicatissima, che potrebbe bloccare tutto o, per lo meno, far scivolare in avanti accordi molto vicini all’essere firmati. Dopodomani, mercoledì 7, il Tar del Lazio esaminerà il ricorso contro le disposizioni attuative emanate dalla Banca d’Italia nell’ambito del percorso di trasformazione in società per azioni di dieci tra le maggiori banche popolari italiane. Venisse accolto il ricorso, tutto il meccanismo che da gennaio scorso sta cercando di dare un volto più moderno e adeguato ai tempi a una parte importante del sistema finanziario italiano, si andrebbe momentaneamente a bloccare.

Ubi – che sabato 10 ottobre attende i soci in assemblea per votare la trasformazione in Spa – potrebbe trovarsi in una situazione alquanto disdicevole: revocare l’assemblea a due giorni dall’adunata o presentarsi all’assise con una mozione di sospensione. La legittima e libera decisione del Tar potrebbe però non essere sufficiente ad arginare un movimento più ampio, di riforma e di aggregazione del sistema bancario italiano. Ed è su questo piano che Ubi da un verso e la Popolare di Milano dall’altro sono le più attive.
Se Ubi ha già convocato l’assemblea, Bpm vuole arrivare rapidamente a individuare il partner industriale, possibilmente entro la fine dell’anno. Ovvero, dato che i matrimoni si fanno in due, se non ci saranno decisioni di segno contrario da parte della giustizia amministrativa, Bpm nelle prossime dieci settimane cambierà volto. La banca, da quando ha smesso di essere roccaforte di visioni manageriali opportunistiche e falsamente democratiche – procurando all’attività giudiziaria vaste opportunità di lavoro e impegno – ha spinto sull’acceleratore dell’efficienza e si trova oggi ad essere una delle più interessanti prospettive nel mondo del credito.
In meno di tre anni – Giuseppe Castagna è stato nominato il 17 gennaio 2014, un anno prima aveva iniziato a fare ordine Piero Luigi Montani con Andrea Bonomi azionista – la banca di piazza Meda è riuscita in una cura dimagrante che ha elevato il tasso di razionalità operativa e di efficienza.
Alla fine del 2012 i dipendenti del gruppo Bpm erano 8.226. Oggi (dati al 30 giugno 2015) sono 7.763. Il fondo esuberi di categoria è stato attivato nel 2013 ed ha avuto 422 uscite quell’anno, 161 nel 2014 e 107 nel primo semestre di quest’anno. Parallelamente alle uscite è stata attuata una campagna di assunzione di giovani qualificati e neolaureati.
Anche le agenzie non sono più quelle di una volta. L’assalto digitale ha portato anche la Bpm a rivedere la geografia dei presidi territoriali. Alla fine del 2012 le filiali erano 840 mentre al 30 giugno scorso erano 705, in ulteriore diminuzione. Proprio l’efficienza ritrovata – unita alla capacità di produrre reddito per i propri azionisti, risultato che per molti anni sembrava un obiettivo irraggiungibile – pongono la Banca Popolare di Milano nel ristretto novero delle migliori, quelle a cui spetta la prima mossa al tavolo del risiko bancario. Ma le altre big del credito popolare? Ognuna, vista da Milano, presenta pro e contro.

Il Banco Popolare è stato a lungo in predicato di essere l’ideale promessa sposa, anche per un banale gioco di poltrone, visto che l’amministratore delegato, Pier Francesco Saviotti, si è detto pronto a lasciare davanti a una prospettiva di sviluppo e di creazione di valore per gli azionisti, soprattutto dopo aver salvato e dato nuova dignità a una banca che ha rischiato di finire travolta dalle grane della Popolare di Lodi e dalla vicenda Italease. Però il presidente del Banco, Carlo Fratta Pasini, è uno dei più decisi avversari della riforma Renzi delle popolari e questo potrebbe portare a dei rallentamenti. Bper era già pressoché sposata alla Milano ai tempi delle presidenze Leoni-Mazzotta. Saltò tutto all’ultimo. Oggi le banche sono più sane di allora, ma anche qui le resistenze al cambiamento da parte della Popolare dell’Emilia-Romagna – il cui presidente Ettore Caselli è stato fino a ieri leader dell’associazione di categoria – potrebbero indirizzare Bpm altrove. Resta Ubi, decisa al cambiamento al pari della Milano e partner ideale per creare una grande banca lombarda, che avrebbe il suo nucleo sull’asse autostradale che da Brescia arriva a Milano passando per Bergamo. Finirà così? Da giovedì le strategie saranno più chiare.

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