Luca De Meo richiama Bruxelles alla realtà
I nodi su cui il presidente di Renault richiama la commissioni europea sono essenzialmente tre: il ruolino di marcia verso la decarbonizzazione ritenuto troppo severo, con tempi troppo stretti, una regolamentazione costosa per le case, ma soprattutto la non sufficiente comprensione del fatto che l'industria dell'automobile viene messa seriamente a repentaglio la propria competitività nei confronti di Usa e Cina.
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I nodi su cui il presidente di Renault richiama la commissioni europea sono essenzialmente tre: il ruolino di marcia verso la decarbonizzazione ritenuto troppo severo, con tempi troppo stretti, una regolamentazione costosa per le case, ma soprattutto la non sufficiente comprensione del fatto che l’industria dell’automobile viene messa seriamente a repentaglio la propria competitività nei confronti di Usa e Cina. In altri termini, si rischia la deindustrializzazione.

Ne ha parlato il ceo del gruppo Renault, Luca de Meo, nelle vesti di nuovo presidente dell’Acea, l’associazione dei car-maker europei. I costruttori vogliono ottenere l’attenzione della politica. «La posta in gioco è molto alta», ha detto de Meo, illustrando l’iniziativa. La direttrice generale di Acea, Sigrid de Vries, ha ricordato che il 2022 è stato un anno durissimo (complici le difficoltà sul fronte energetico, delle materie prime e degli approvvigionamenti di componenti) sul piano dei volumi, scesi ai minimi da tre decadi, 9,2 milioni di unità. Un rimbalzo intorno al 5%, a 9,8 milioni, è atteso per l’anno appena iniziato. «Equivarrebbe comunque a un 25% sotto il livello del 2019, segno che l’industria è ancora in condizione di fragilità».

«Nello stesso periodo la quota di mercato interno delle case automobilistiche europee è scesa di 7 punti, al 70%. E recenti decisioni politiche rischiano di mettere l’industria automobilistica europea ancora più in difficoltà», creando una «situazione sfavorevole rispetto ai concorrenti cinesi e americani».

«Mentre l’approccio dell’Europa è quello di regolamentare la strada verso emissioni zero, altre regioni del mondo stanno incentivando quella strada. Gli Stati Uniti e la Cina stanno sostenendo e stimolando in maniera massiccia la loro industria, in particolare attraverso l’Inflation Reduction Act (Ira) e il piano Made in China 2025 (Mic)».

Quanto pesa l’industria dell’Auto

Ma de Meo ha tenuto a premettere che la severità di Bruxelles nei confronti delle quattro ruote (che dovranno ridurre la emissioni di CO2 del 100% entro il 2035, mentre per l’industria dell’energia di parla del 70% e per il resto dei trasporti del 50%) va a impattare con quello che rappresenta un’industria di primaria importanza per l’economia del continente: «Parliamo di quasi 13 milioni di posti di lavoro in Europa, il 7% del totale. E del 30% delle spese totali in R&S nel continente, in tutti i settori. Parliamo dei veicoli, auto, veicoli commerciali e camion che assicurano ogni giorno l’80% della mobilità di persone e merci in chilometri. Si prevede che queste percentuali rimarranno molto simili fino al 2050».

Dati che dovrebbero fare riflettere. «La risposta delle istituzioni europee – ha chiarito de Meo – è di fondamentale importanza. Abbiamo bisogno delle istituzioni dalla nostra parte. Abbiamo bisogno che siano coerenti, che si basino sui fatti e che organizzino i vari settori e le parti interessate. Chiediamo all’Europa di mettere in atto una politica industriale automobilistica ambiziosa, in grado di rivaleggiare con quelle di altre regioni del mondo, salvaguardando e promuovendo al contempo il libero scambio su scala globale».

Con Euro 7 fabbriche chiuse

E invece, per cominciare, c’è la proposta Euro 7, la normativa che regolerebbe le emissioni diesel dal 2025. Ma non solo. De Meo ha criticato anche il pacchetto “fit for 55” e il bando dei motori endotermici dal 2035. «Nella sua forma attuale, l’Euro 7 secondo i nostri ingegneri, potrebbe aumentare il costo delle auto in media di 1.000 euro: significa raddoppiare il prezzo finale. Con tale incremento stimiamo una sostanziale riduzione del mercato delle auto nuove, di circa il 7%. Sappiamo che le persone manterranno le auto vecchie più a lungo o acquisteranno auto usate invece di nuove. Sta già accadendo e il parco circolante sta invecchiando ovunque». In effetti l’età media delle auto europee è salita ancora, a 12 anni, nel 2021.

Secondo l’Acea si potrebbe ottenere un rapporto costi-benefici di gran lunga migliore se si riorientassero «gli enormi investimenti che sarebbero richiesti dall’Euro 7, allocandoli per accelerare l’elettrificazione, rendere i veicoli elettrici più convenienti o ridurre le emissioni dell’attuale flotta», ad esempio tramite carburanti a basse emissioni. Il capo della Renault ha messo in guardia dalle illusioni: i veicoli tradizionali «saranno la maggioranza del parco auto anche oltre il 2050; se vogliamo arrivare a 0 per allora, dovremmo affrontare anche questa sfida e questa è una parte della verità». In definitiva la proposta Euro 7 nella sua forma attuale «avrà un forte impatto sulla nostra attività e sulle nostre persone. Le scadenze sono troppo brevi. Soltanto in Renault potrebbe portare alla chiusura di almeno quattro stabilimenti in breve tempo».

Scontro ad armi impari con Usa e Cina

Last but not least, il confronto, durissimo, con Stati Uniti e Cina. I primi, forti di una recente legge, la Inflation reduction act (IRA) che stanzia quasi 300 miliardi di dollari per incentivare produzione e acquisto di auto elettriche, ma anche la produzione negli States, attraendo anche aziende europee. Il rischio è la desertificazione industriale in Europa. Gli alleati di sempre sono scesi su un piano di forte competizione e negli ultimi mesi non sono mancati i momenti di confronto duro. «Attraverso l’IRA vediamo gli Stati Uniti stimolare la loro industria nella transizione ecologica, mentre l’approccio dell’Europa è quello di regolamentare il settore, spesso in modo non sincronizzato», è stata la critica di de Meo.

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Quanto ai cinesi, con il supporto della finanza locale, hanno superato ogni gap tecnologico e si apprestano a invadere il nostro mercato dopo avere spinto la quota dell’elettrico al 30% del mercato interno. Loro hanno massima accessibilità alle materie prime (delle batterie, in particolare), l’Europa deve importare praticamente tutto.

A Davos la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen ha annunciato il “Net-Zero Industry Act”, la costosa risposta europea ai rivali globali: oltre 500 miliardi di euro. Ora si discute su una bozza intitolata “Un piano industriale Green Deal per l’era Net-Zero”, che ha l’obiettivo di «sostenere la produzione industriale di tecnologie chiave per l’Ue».

Il nuovo pacchetto green della Commissione Ue. Basterà?

Si parla di più incentivi e crediti di imposta per le tecnologie pulite (con un allentamento della stretta sugli aiuti di Stato), un quadro normativo più semplice e obiettivi industriali per garantire che le dipendenze strategiche non mettano a rischio la transizione ecologica ed energetica. La Commissione europea la comunicherà domani. Il pacchetto sarà discusso dal Parlamento europeo e dai leader dell’Ue a Bruxelles il 9 e 10 febbraio.

«Quello che chiediamo oggi – ha concluso de Meo – è un approccio strategico, una visione aperta, un programma realistico e, soprattutto, l’opportunità di collaborare e portare la voce dell’industria automobilistica nel dibattito. Quello che offriamo è la nostra determinazione a raggiungere gli obiettivi che ci vengono assegnati, la trasparenza e un approccio basato sui fatti, oltre al lavoro quotidiano di milioni di persone».

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