L’unico modo per evitare in futuro altri scandali è produrre automobili elettriche
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Questo è il primo must del 2017 nel settore automobilistico, soprattutto negli Stati Uniti, dove Ford ha annunciato la produzione di 13 modelli elettrici per il 2020, Mercedes ha risposto alla sfida con 10 entro il 2025 e Volkswagen, la prima casa automobilistica al centro del “dieselgate”, ha 30 esemplari in cantiere. Sebbene la vendita di questi veicoli non decolli per due motivi principali: la poca autonomia della batteria e le poche postazioni di ricarica disseminate sul territorio. Gli stessi problemi si riscontrano anche in Italia, ma grazie a forti investimenti sia delle case automobilistiche sia delle aziende energetiche le batterie delle auto garantiscono sempre più chilometri e per le strade e autostrade si vedono più spesso punti per ricaricare i mezzi elettrici.

I primi incidenti stradali che hanno visto coinvolte automobili senza pilota hanno, improvvisamente, fermato lo sviluppo della self-driving car, soprattutto da parte di Google, che è stata la prima a realizzare un prototipo. Così si passa dalla guida automatica a quella semi-automatica: il guidatore ha sempre le mani sul volante, è lui a guidare, non un computer, ma la tecnologia lo aiuta: per esempio con sensori che si attivano quando si supera la velocità consentita o quando appare all’improvviso un’auto da una strada buia. E poi una serie di telecamere per favorire il parcheggio e la guida in strade impervie.

L’Internet of things sale a bordo anche delle auto. Pensate negli USA il Dipartimento dei Trasporti vorrebbe che dal 2020 le automobili fossero in grado di “parlarsi”, per esempio “dirsi” di trovarsi a pochissima distanza tra di loro ed evitare così, per esempio, incidenti.

Le automobili saranno sempre più connesse. Oltre agli ultimi sistemi di infotainment con Apple iOS e Google Android, a breve salirà a bordo anche l’assistente vocale, come Amazon Alexa, a cui si potrà chiedere, per esempio, di chiudere i finestrini, accendere lo stereo, telefonare e leggere i messaggi e addirittura accendere e spegnere il veicolo.

 

La generazione “sharing” compra meno auto perché ama viaggiare con i servizi di carsharing o carpooling e in alcuni quartieri preferirebbero andare all’università o a lavoro con un unico veicolo tutti insieme: quindi le case automobilistiche stanno già pensando a minibus ride-sharing con Wi-Fi a bordo, come Ford che punta a metterli in strada in otto città americane entro la fine dell’anno. In sostanza non è altro che il caro vecchio scuolabus da utilizzare per gli adulti e non sarebbe male farlo anche in Italia. Si inquinerebbe di meno e si farebbe gruppo a bordo, risparmiando denaro.

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