Mediobanca è una boutique dell’investment banking
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Almeno secondo il Financial Times che ha dedicato ieri un lungo articolo al nuovo corso di quella che fu banca d’investimento «italo italiana», crocevia di partecipazioni, hub di potere. La crisi dell’eurozona ha accelerato il cambiamento in Piazzetta Cuccia, rendendo più chiaro che «il rischio non era fuori ma dentro: nelle quote incrociate che diffondevano il contagio». Da qui anche la spinta a espandere la presenza in Europa, in particolare a Londra dove oggi sono in organico un centinaio di persone e, appunto, a dismettere partecipazioni (nel 2013 sono state vendute quote 3,3 miliardi, comprese quelle in Fiat e Ferrari). «Una banca specializzata permette una redditività più elevata e più stabile e maggiore vicinanza ai clienti di una banca universale», ha detto l’amministratore delegato Alberto Nagel al quotidiano finanziario londinese, aggiungendo che «la strategia di Mediobanca si adatta perfettamente a questo contesto». Restano in agenda le vendite più importanti per significato storico e valore, ovvero le quote in Rcs, l’editore del Corriere della Sera, e Telecom Italia , previste per quest’anno e il 3% di Generali, che potrebbe fruttare quasi 900 milioni, magari da utilizzare per acquisizioni.

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