MEDIOBANCA SCIOLGA IL SUO “SINDACATO”

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MEDIOBANCA ha annunciato un Piano che prevede l’uscita dai patti di sindacato e la dismissione delle partecipazioni “strategiche”. Molto diverse le reazioni di media e investitori: pagine e pagine dedicate a commentare il crepuscolo del capitalismo di relazioni, svolta storica per l’Italia; mentre il titolo perdeva fino al 20%.
Il dato più significativo però è lo sconto con cui la Borsa valuta la banca. Il rapporto tra valore di mercato del capitale e patrimonio netto è misura di come gli investitori valutano la qualità degli attivi e le prospettive di redditività: più alta la redditività attesa e la qualità degli attivi, maggiore il premio sul patrimonio netto che il mercato è disposto a pagare per diventare azionista. Mediobanca vale in Borsa circa la metà del patrimonio netto, in linea con le altre banche italiane (non considerando il loro goodwill), ma a forte sconto rispetto
alle grandi banche di investimento (1 volta il patrimonio la media delle dieci maggiori nel mondo). Abissale poi la differenza con le istituzioni di dimensioni minori, con ricavi prevalentemente da commissioni, alle quali Mediobanca fa riferimento nel Piano (7 volte Lazard, 5 Greenhill ), oppure rispetto all’asset management, settore in cui Mediobanca vuole investire (Schroders, Aberdeen e Invesco valgono in media 2,8 volte il patrimonio).
Il Piano vuole convincere gli investitori che tanto sconto è ingiustificato. Una parentesi doverosa: la trasparenza di Mediobanca, che ha pubblicato sul sito i dettagli del Piano subito dopo l’approvazione da parte del Consiglio, va lodata, anche se dovrebbe essere la norma.
In sintesi, il management di Mediobanca dice che: (1) le partecipazioni saranno vendute, quindi la banca non deve più essere penalizzata come una holding; (2) ciò nonostante mantiene una quota del 10% in Generali perché i suoi utili danno un grande contributo alla redditività della banca; (3) i ricavi non dipendono dall’attività di trading, rischiosa e volatile, a differenza dalle grandi banche di investimento; (4) un mix variegato di prestiti e servizi finanziari produce ricavi
stabili e non espone la banca al problema delle sofferenze; (5) non ci sono esuberi e i costi sono sotto la media perché la banca non necessita di una rete di sportelli capillare per le attività al dettaglio (mutui, prestiti al consumo, depositi, gestioni); (6) la patrimonializzazione è adeguata e superiore alla media senza avere dovuto ricorrere, caso raro, ad aumenti di capitale; prova quindi di un modello di business valido.
Non è convincente. L’annuncio ad effetto sull’uscita dai patti di sindacato sarà credibile quando Mediobanca scioglierà il proprio, dimostrando che i suoi azionisti rilevanti (oltre al management) sono interessati solo al valore del titolo, e non ai benefici da relazione dello status di socio del patto. L’argomento che gli utili di Generali giustificano la partecipazione, per quanto ridotta al 10%, è risibile e controproducente: se un investitore
vuole puntare sugli utili di Generali, si compra Generali; farlo attraverso Mediobanca non crea valore. Partecipazione che assorbirà una quantità spropositata di capitale: ai fini del computo dei coefficienti di Basilea III, infatti, il valore della partecipazione dovrà essere moltiplicato per 3,7 volte (i 2,6 miliardi attuali di Generali in bilancio diventerebbero quasi 10 miliardi). Credo sia questa la vera ragione della decisione di ridurre la partecipazione al 10%; ma non basta per togliere la zavorra al titolo Mediobanca.
I servizi finanziari al dettaglio sono coriandoli di attività, in nessuna delle quali Mediobanca ha un peso specifico o particolari eccellenze; difficile crescere o essere premiata dal mercato per questo. E negli
alternative assets,
parte da zero ed è l’ultima arrivata. I punti di forza rimangono professionalità e tradizione nei servizi alle imprese: ma per questo non c’è bisogno di 7 miliardi di patrimonio (Lazard ne ha appena 440 milioni e capitalizza quasi quanto Mediobanca). Bene il piano di espandere questi servizi all’estero: anche se l’assistenza data a Rcs nella sua disastrosa avventura spagnola non è certo uno spot convincente delle sue capacità fuori di casa.

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