LA RICHIESTA DEL FISCO – Mediolanum finisce sotto la lente del Fisco. L’Agenzia delle Entrate, secondo quanto emerge dal bilancio depositato dalla società, riferiscono le agenzia di stampa, ha infatti chiesto al gruppo controllato dalla famiglia Doris e dalla Fininvest di Silvio Berlusconi di pagare la somma di 341 milioni di euro. Sotto accusa i rapporti con la controllata irlandese Mediolanum International Funds, che si occupa del confezionamento e della gestione dei fondi che poi vengono distribuiti attraverso la rete di promotori del gruppo Mediolanum.
IRAP E IRPEF – La somma, tra imposte e sanzioni, sarebbe relativa all’Irap e all’Ires degli anni 2005, 2006 e 2007. Nel dettaglio gli accertamenti riguardano l’attività di Banca Mediolanum e Mediolanum Vita per cui si presume un maggior imponibile in quegli anni di circa 636 milioni di euro. Il sospetto è che il gruppo manterrebbe su Dublino una quota incongrua dei propri ricavi, così da trarre benefici dalla fiscalità irlandese più leggera.
I CONTI NEGLI ANNI – L’agenzia guidata da Attilio Befera, riferiscono le agenzie di stampa, aveva già contestato a Mediolanum Vita tra imposte e sanzioni 20,8 milioni di euro relativi al 2005, per cui la società ha opposto ricorso. Nello scorso dicembre sono stati poi notificati alla compagnia altri accertamenti per gli altri due anni, per un totale di 93,8 milioni di euro. A questi si sommano tre avvisi di accertamento per Ires e Irap, sempre per gli anni dal 2005 al 2007, notificati questa volta a Banca Mediolanum, per un importo di 226,9 milioni di euro. Il totale complessivo è quindi di 341,5 milioni di euro.
ANALISI ILLEGITTIMA – Sia Mediolanum Vita che Banca Mediolanum, è scritto, ritengono “che l’analisi condotta dall’Agenzia delle Entrate sia illegittima e comunque errata nei presupposti, quanto ai maggiori imponibili contestati e illegittima quanto alle sanzioni irrogate”. Le società hanno attivato la procedura prevista dalla Convenzione arbitrale europea, rimettendo così la soluzione della controversia alle autorità fiscali italiane e irlandesi, che dovranno decidere quale è la quota di imponibile che spetta ai due Paesi. Le società valutando il rischio di dover pagare quanto richiesto “solo possibile” non hanno effettuato stanziamenti nel bilancio.