Minore influenza delle fondazioni nelle banche

Nella prima revisione in 15 anni di tempo, le fondazioni bancarie hanno accettato di vedere ridotta la loro partecipazione nei singoli istituti, con l’obiettivo di diversificare i rischi e rendere più solida la governance.

Il cambiamento arriva dopo che il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha fatto sottoscrivere un Protocollo d’intesa all’associazione rappresentativa delle fondazioni bancarie, l’ACRI.

Nello specifico le fondazioni si impegnano a non detenere più del 33% del patrimonio concentrato su una sola banca per ridensionare il rischio. La norma, volta a migliorare le pratiche di governance, influirà direttamente su due grandi banche: Intesa SanPaolo e Unicredit, che avranno comunque cinque anni per adeguarsi alle nuove misure.

Inserito inoltre il divieto di contrarre debiti, salvo il caso di temporanee e limitate esigenze di liquidità, e di usare contratti e strumenti derivati, salvo che per finalità di copertura o in operazioni in cui non siano presenti rischi di perdite patrimoniali.

Riguardo alla governance, sono stati applicati criteri stringenti su incompatibilità e compensi dei componenti dei propri organi, con un tetto massimo di 240 mila euro al presidente delle fondazioni con patrimonio superiore a un miliardo di euro.

Intanto oggi alla Camera è stata approvato il decreto del governo Renzi di riforma delle popolari, che sancisce – entro 18 mesi – l’addio al voto capitario e la trasformazione in spa di una decina di istituti.

Il provvedimento è passato con un’ampia maggioranza a Montecitorio (290 sì, 149 no e 7 astenuti). Al decreto manca solo il superamento dello scoglio al Senato. Tenuto conto che il decreto scade il 26 marzo i tempi saranno certamente accelerati.

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