L’aumento ha coinvolto anche il nostro Paese, dove gli investimenti rimangono comunque al di sotto della media dei nostri principali competitori europei. Stando ad un rapporto condotto da KPMG e CB Insights, nel 2015 gli investimenti globali in start-up sono stati pari a 128,5 miliardi di dollari: il 44% in più rispetto all’anno precedente, quando si fermarono a quota 89.
Per quanto in crescita, il flusso degli investimenti è diminuito leggermente negli ultimi mesi del 2015: nel quarto trimestre gli investimenti sono stati pari a 27,2 miliardi di dollari, in calo rispetto ai 38,6 miliardi dei tre mesi precedenti. Secondo lo studio, diversi fattori – tra cui l’aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti e l’andamento incerto dell’economia cinese – hanno reso più prudenti gli investitori, impedendo una crescita degli investimenti più consistente.
Ma il rallentamento degli investimenti ha colpito le economie con intensità diverse: ad esempio il calo registrato in Europa (-11%) è stato meno considerevole rispetto a quello rilevato in Nord America e Asia, pari in entrambi i casi al -32%.
Sotto il punto di vista degli investimenti, il 2015 è stato un anno positivo anche per le start-up italiane. Secondo le stime l’Osservatorio Start up Hi-tech, condotto dalla School Of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con Italia StartUp, nel 2015 gli investimenti complessivi in start-up dovrebbero toccare i 133 milioni di euro: in crescita dell’11% rispetto all’anno precedente. Si tratta di un risultato positivo, ma comunque al di sotto dei principali Paesi europei: in Germania e Francia, ad esempio, nel 2015 solo gli investimenti istituzionali in start-up sono stati pari a 510 e 624 milioni di euro.
In Italia, gli investimenti sono indirizzati principalmente verso le start-up attive nel settore ICT – acronimo che sta per Information & Communication Technology –, che hanno beneficiato del 74% dei fondi complessivi registrati nel 2015.
Pur potendo contare su investimenti superiori a quelli ottenuti da altre tipologie di start-up, quelle attive nel comparto ICT devono fare i conti con problema notevole. Secondo i dati dell’Eurostat relativi al 2014, in Italia i lavoratori impiegati nell’ICT sono numericamente esigui – solo il 2,5% dei lavoratori era occupato in questo settore, contro una media UE del 3,7% – e meno preparati rispetto ai colleghi europei: solo il 31,7% dei 558.500 esperti italiani ha studiato informatica contro una media UE del 56,5%.