I numeri di Facebook sono la fotografia di un fenomeno che non smette di trasformarsi e ingigantirsi
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Lo scorso anno il social network ha potuto contare un media di 1,23 miliardi di utenti attivi su base giornaliera, il 18% in più rispetto al dato del 2015, mentre mensilmente la media è stata di 1,86 miliardi (+17%). E ha fatto della frequentazione da mobile la norma, dato che la quasi totalità degli iscritti è solita accedere alla piattaforma da smartphone o tablet ogni giorno (1,15 miliardi di persone, in media). Persentando i risultati trimestrali del periodo ottobre-dicembre e quelli dell’intero anno, l’azienda di Mark Zuckerberg ha realizzato un piccolo capolavoro: il giro d’affari annuo ha superato i 27,3 miliardi di dollari, con un incremento del 54% rispetto al 2015, mentre l’utile netto è più che raddoppiato, segnando addirittura un +177% e sfiorando i 3,69 miliardi di dollari (valore corrispondente a 1,29 dollari di utile per azione).

In buona parte, l’incremento a tripla cifra è dovuto allo sviluppo di prodotti come WhatsApp(1,2 miliardi di utenti attivi), Instagram (oltre 600 milioni di utenti) e Facebook Messenger.Va poi citata la crescita dei profitti pubblicitari legati alla componente video, generosamente alimentata negli ultimi mesi con l’aggiunta di funzionalità come le dirette e i contenuti esplorabili a 360 gradi. Si continuerà in questa direzione, stando alle promesse enunciate da Zuckerberg nel corso delle earnings call: saranno introdotte nuove modalità di cattura e caricamento dei video, nuovi strumenti di ricerca per questo tipo di contenuto, e poi sarà migliorata la funzione Facebook Live con filtri e altre aggiunte.

Limitando lo sguardo all’ultimo trimestre del 2016, si nota che la pubblicità su mobile ha generato l’84% dei profitti. Il fatturato trimestrale è stato di 8,8 miliardi di dollari, l’utile netto di poco inferiore ai 3,57 miliardi. Anche la popolarità della piattaforma è cresciuta, essendo arrivati a 1,86 miliardi gli utenti medi mensili.

C’è solo un tallone d’Achille nel presente dell’azienda di Menlo Park: Oculus. La società produttrice dei visori di realtà virtuale, oggi accorpata al colosso di Mark Zuckerberg, è sotto la lente di un tribunale di Dallas, che dovrà valutare la fondatezza delle accuse di furto di proprietà intellettuale, lanciata dalla società di videogiochi ZeniMax. Il codice software di quest’ultima, secondo l’accusa, sarebbe stato usato da Oculus per sviluppare il proprio prodotto e la fuga di informazioni sarebbe imputabile a John Carmack, ex dipendente della società di videogame, poi diventato chief technology officer di Oculus.

Ieri la corte texana ha deciso che Facebook e Oculus dovranno pagare 500 milioni di dollari di risarcimento. Multa salata ma non irragionevole, se si ammette che la tecnologia di ZeniMax sia poi stata usata indebitamente da Oculus per creare visori di realtà virtuale di successo, tanto interessanti da far spendere a Fabeook ben 2 miliardi di dollari. A nulla è servito, dunque, l’intervento di Zuckerberg sul banco dei testimoni. Una portavoce di Oculus ha già annunciato il ricorso in appello.

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