Nuove regole sulla responsabilità civile dei magistrati
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Saranno dal 19 marzole nuove regole sulla responsabilità civile dei magistrati. Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di ieri della legge 18/2015, parte il conto alla rovescia per l’applicazione della riforma che cambia il volto della legge Vassalli, in vigore dal 1988.
Le norme, pur non modificando il principio della responsabilità indiretta (in base al quale è sempre lo Stato che risarcisce i danni per la cattiva amministrazione della giustizia), rendono obbligatoria l’azione di rivalsa dello Stato sulla toga. Chi si ritiene vittima della “malagiustizia” dovrà ancora chiedere il risarcimento all’amministrazione, che dovrà poi rifarsi sul magistrato.
L’azione di rivalsa va esercitata entro due anni dal risarcimento pagato sulla base di una sentenza di condanna in caso di: diniego di giustizia, violazione manifesta della legge interna o del diritto Ue, travisamento del fatto o delle prove determinati da dolo o colpa grave. Per i giudici popolari la responsabilità è limitata al dolo; i cittadini estranei alla magistratura inseriti negli organi giudiziari collegiali rispondono per dolo o negligenza inescusabile. Cresce l’entità della rivalsa, passando dall’attuale soglia di un terzo alla metà dello stipendio netto annuo, un limite che non può essere superato anche se dal fatto è derivato un danno a più persone che hanno proposto azioni individuali. La barriera di metà stipendio non vale se c’è il dolo che comporta un risarcimento totale.
Con la riforma cade il filtro previsto dalla legge Vassalli: non ci saranno più i controlli preliminari all’ammissibilità della domanda di risarcimento e il Tribunale distrettuale non potrà più verificarne presupposti e fondatezza. Punto che ha suscitato preoccupazione tra i magistrati, secondo i quali è concreto il rischio che chiunque perda una causa si senta in diritto di citare i giudici, con inevitabili ricadute sul processo civile. Eventualità ritenuta improbabile dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che ha comunque assicurato un’attenta valutazione nei primi sei mesi degli effetti della riforma senza escludere correttivi “in corsa”.
Integrate anche le ipotesi di colpa grave che scatterà, oltre che per l’affermazione di un fatto inesistente o la negazione di uno esistente, anche in caso di violazione manifesta della legge, del diritto comunitario o per travisamento del fatto o delle prove. Nella colpa grave rientra anche l’emissione di un provvedimento cautelare personale o reale fuori dai casi previsti dalle legge o privo di motivazione. Nel corso dei lavori parlamentari, con un’interpretazione costituzionalmente orientata, è stato chiarito che il travisamento rilevante è solo quello evidente senza ricorrere ad approfondimenti.
Ridefinita la clausola di salvaguardia: pur ribadendo che la toga non può essere chiamata a rispondere per l’interpretazione della legge e la valutazione di fatti e prove, si esclude l’irresponsabilità per il dolo, la colpa grave e la violazione manifesta della legge e del diritto dell’Unione.

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