Nuovi meccanismi per la tutela del consumatore
Nel codice del consumo sono state introdotte disposizioni che abilitano gli enti legittimati a chiedere, a seconda dei casi, provvedimenti inibitori o provvedimenti compensativi, con l’obiettivo di contrastare le condotte poste in essere dai professionisti in violazione di una nutrita serie di precetti finalizzati a tutelare gli interessi dei consumatori.
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Nel codice del consumo sono state introdotte disposizioni che abilitano gli enti legittimati a chiedere, a seconda dei casi, provvedimenti inibitori o provvedimenti compensativi, con l’obiettivo di contrastare le condotte poste in essere dai professionisti in violazione di una nutrita serie di precetti finalizzati a tutelare gli interessi dei consumatori.

Fino all’avvento della L. 12 aprile 2019, n. 31 (entrata in vigore, dopo una serie di rinvii, il 19 maggio 2021), con cui è stata inserita nel codice di procedura civile la disciplina di portata generale riguardante i procedimenti collettivi, comprendenti l’azione di classe e l’azione collettiva risarcitoria (artt. da 840-bis a 840-sexiesdecies), nell’ordinamento italiano la tutela in giudizio di diritti e interessi in forma aggregata vedeva il suo fulcro in ambito consumeristico. 

La citata legge aveva abrogato le disposizioni del codice del consumo concernenti la protezione metaindividuale dei consumatori, fatta salva l’inibitoria di clausole abusive di cui all’ art. 37 dello stesso codice. Sennonché verso la fine del 2020, il legislatore eurounitario emanava la Direttiva (UE) 2020/1828, che si poneva in un’ottica settoriale, occupandosi in maniera specifica della tutela collettiva degli interessi dei consumatori. Il termine per adottare le disposizioni nazionali necessarie per conformarsi a tale Direttiva veniva fissato al 25 dicembre 2022; erano concessi ulteriori sei mesi per rendere in concreto operative siffatte disposizioni. Per quanto riguarda il nostro Paese, il primo obiettivo non è stato tempestivamente raggiunto, avendo il Consiglio dei ministri (delegato dal Parlamento con la L. 4 agosto 2022, n. 127) approvato definitivamente lo schema di Decreto Legislativo di recepimento nella seduta del 9 marzo 2023. Ciò non ha impedito di rispettare la seconda scadenza, dal momento che il comma 1 dell’art. 4 del cennato Decreto Legislativo prevede che i precetti ivi contenuti si applichino a far tempo del 25 giugno 2023. Si prevede, inoltre, che soltanto le violazioni degli interessi collettivi dei consumatori commesse a partire da tale data siano contrastabili con le “azioni rappresentative” di nuovo conio (che, dunque, non sono utilizzabili per fronteggiare infrazioni della medesima indole risalenti a un’epoca anteriore).

Queste azioni, in ragione della loro specificità, trovano posto nel codice del consumo (artt. da 140-ter a 140-quaterdecies) e sono destinate a fornire un efficace strumento di reazione a condotte nocive per una pluralità di consumatori, che entrano in rotta di collisione con una nutrita serie di norme interne attuative di Direttive UE, rinvenibili nello stesso codice del consumo o in altri Decreti Legislativi, nonché di norme proprie del diritto eurounitario dettate da taluni Regolamenti UE. Per avere il quadro completo di tali norme, occorre fare riferimento al nuovo Allegato II-septies al codice del consumo che contempla un lungo elenco che si articola in ben 68 voci.

A differenza dell’azione di classe di cui al codice di rito che può essere proposta anche da un singolo esponente della schiera dei soggetti prevaricati, le azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori sono esperibili esclusivamente da uno degli enti legittimati. In questo novero rientrano, oltre alle associazioni rappresentative dei consumatori e degli utenti preselezionate ai sensi dell’ art. 137 del codice del consumo, gli organismi pubblici indipendenti delineati dall’art. 3, n. 6), del Regolamento (UE) 2017/2394 e gli enti designati in altri Stati membri iscritti nell’elenco all’uopo predisposto dalla Commissione Europea. 

Ulteriore caratteristica degna di nota è che la decisione di rivolgersi all’autorità giudiziaria è rimessa esclusivamente ai predetti enti. Infatti, come evidenzia il primo comma dell’art. 147-septies Cod. consumo, si prescinde dal conferimento di un incarico preventivo da parte di taluno dei consumatori concretamente messi a repentaglio o colpiti dalla violazione denunciata. 

Anche la platea dei legittimati passivi non coincide con quella stabilita per l’azione di classe e per l’azione inibitoria collettiva: mentre gli artt. 840-bis e 840-sexiesdecies c.p.c. identificano quali possibili bersagli le imprese e i gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, le azioni rappresentative incluse nel codice del consumo possono essere intentate nei confronti dei professionisti, che costituiscono una categoria più ampia rispetto alle imprese.

Passando ad analizzare le misure suscettibili di essere chieste dagli enti legittimati, esse sono di una duplice natura. Da un lato, si può invocare l’adozione di provvedimenti inibitori, definiti come provvedimenti con cui il giudice ordina: 

i) la cessazione o il divieto di reiterazione della condotta omissiva o commissiva posta in essere in violazione delle disposizioni rilevanti; 
ii) la pubblicazione del provvedimento, integralmente o per estratto, su uno o più quotidiani a diffusione nazionale o locale ovvero la pubblicazione di una rettifica.

In situazioni di particolare urgenza, è prevista la possibilità di emettere in corso di causa un provvedimento provvisorio volto a far cessare una condotta lesiva o a impedire che essa venga reiterata. Rimane comunque in vigore il citato art. 37 per quel che concerne il contrasto alle clausole abusive contenute nelle condizioni generali di contratto. Dall’altro lato, il rimedio per la schiera dei consumatori che abbiano subito una perdita ascrivibile alla medesima violazione viene ad assumere le sembianze di un provvedimento compensativo, ossia di una “una misura rivolta a rimediare al pregiudizio” che, a seconda dei casi, può consistere anche nel pagamento di una somma di denaro, nella riparazione, nella sostituzione, nella riduzione del prezzo, nella risoluzione del contratto o nel rimborso del prezzo pagato. Si può notare come in questa lista trovino posto, in particolare, tutti i rimedi esperibili, ai sensi dell’ art. 135-bis del codice del consumo, in caso di difetto di conformità dei beni di consumo ceduti da un venditore professionale.

Sotto il profilo procedurale, analogamente a quel che avviene per le azioni di classe, la competenza a conoscere delle azioni rappresentative appartiene inderogabilmente alla sezione specializzata in materia di impresa ubicata nel luogo ove ha sede il resistente. Il 4° comma dell’art. 140-septies contiene ulteriori specificazioni valevoli nel caso in cui il professionista sia una persona fisica: per stabilire dove la causa va promossa, ci si basa innanzitutto sul luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio oppure, se questi sono sconosciuti, sul luogo in cui egli ha la dimora; qualora anche la dimora sia ignota, si guarda al luogo in cui ha sede l’ente ricorrente. La domanda si propone con ricorso che, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, va inserito nell’area pubblica del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della Giustizia. Il deposito della domanda introduttiva, quali che siano le misure richieste, interrompe la prescrizione dei diritti tutelabili con i provvedimenti compensativi, sempre che il ricorso sia notificato al professionista nel termine assegnato dal giudice; del pari, la domanda impedisce le decadenze a carico dei consumatori interessati. Il rito da seguire è, con qualche adattamento, quello semplificato, delineato dalla riforma del processo civile attuata con il Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 149. 

Si prevede una fase di filtro con l’obiettivo di bloccare sul nascere le domande manifestamente inammissibili. Sono 6 i motivi che determinano l’inammissibilità: 

a) la manifesta infondatezza della pretesa; 
b) la mancanza degli elementi necessari a individuare il gruppo dei consumatori interessati;
c) la non omogeneità dei diritti individuali a tutela dei quali si sono richiesti provvedimenti compensativi; 
d) la carenza di legittimazione attiva del ricorrente; 
e) la sussistenza di un conflitto di interessi; 
f) la discrasia tra l’azione esercitata e l’oggetto sociale dell’ente ricorrente. Quanto al conflitto di interessi, un’ipotesi peculiare è quella che si verifica allorquando l’azione è finanziata da un soggetto in rapporto diodi concorrenza con il professionista convenuto o da un soggetto che comunque dipenda da un concorrente; in tale eventualità, il giudice assegna al ricorrente un termine entro cui rifiutare o modificare il finanziamento.

Una disposizione che concerne esclusivamente i provvedimenti inibitori è quella secondo cui il deposito del ricorso mediante il quale si aspira alla loro concessione va preceduto da una diffida al professionista sospettato di non aver rispettato le norme rilevanti, che va inoltrata a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento ovvero a mezzo posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato; l’azione può essere proposta soltanto dopo che siano inutilmente decorsi quindici giorni dalla data in cui tale diffida è stata ricevuta. Inoltre, i provvedimenti inibitori sono accompagnati dalle misure di coercizione indiretta previste dall’art. 140-terdecies: il giudice, allorché accoglie la domanda o emette un provvedimento provvisorio, fissa un termine per l’adempimento degli obblighi stabiliti e sancisce a carico del professionista il pagamento di una somma di denaro che può andare da mille e a cinquemila euro, per ogni inadempimento ovvero giorno di ritardo, rapportati alla gravità del fatto e tenendo conto della gravità e della durata della violazione.

Relativamente ai provvedimenti compensativi, va detto che buona parte del procedimento è mutuata, nei limiti della compatibilità, da quello relativo all’azione di classe. 

Nell’ambito di tale procedimento, si prevede una regolamentazione ad hoc per gli accordi di natura transattiva o conciliativa, attribuendo all’autorità giudiziaria sia un ruolo propulsivo (avendo facoltà di invitare le parti a raggiungere una composizione della lite), sia un ruolo di controllo, concretantesi nella verifica sulla proposta di accordo. Il via libera alla proposta sarà dato solo se si accerta che essa “non contrasti con norme imperative e non contenga clausole o obbligazioni non eseguibili tenuto conto dei diritti e degli interessi di tutte le parti e, in particolare, di quelli dei consumatori interessati”.

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