Patent box allineato all’Ocse
prestazione occasionale

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Nell’applicazione del regime di patent box, i metodi di transfer pricing previsti dall’Ocse devono “guidare” nella determinazione del reddito agevolabile (contributo economico) derivante dall’utilizzo “diretto” dei beni immateriali. In base a quanto previsto dal provvedimento dell’agenzia delle Entrate del 1° dicembre scorso, i criteri e i metodi di calcolo del contributo economico, nonché le ragioni per le quali detti metodi sono stati adottatati, dovranno essere esplicitati nell’istanza di ruling (obbligatoria nel caso di utilizzo diretto) o, al più tardi, nella documentazione integrativa da inviare all’agenzia delle Entrate entro 120 giorni dalla presentazione dell’istanza stessa. A tal fine, sia il decreto attuativo del 30 luglio 2015 (articolo 12), sia il predetto Provvedimento (punto 3.2), prevedono di fare riferimento ai metodi di transfer pricing previsti dalle Linee guida Ocse. L’adozione di criteri estimativi “alternativi”, quali ad esempio i metodi (relief from royalty, excess earnings, with and without e metodo del reddito implicito) suggeriti nel recente discussion paper dell’Organismo italiano di valutazione, dovrà, pertanto, essere attentamente valutata alla luce delle raccomandazioni Ocse in materia di prezzi di trasferimento. In particolare, il capitolo VI delle Linee guida, di recente aggiornato dal documento Beps, action 8-10, Aligning transfer pricing outcomes with value creation, definisce il confronto di prezzo (Cup) e il profit split i metodi che “con maggior probabilità” si riveleranno utili nella determinazione del valore e dei redditi derivanti dallo sfruttamento di beni immateriali o diritti sui medesimi (paragrafo 6.145); le tecniche di stima adottate dalla prassi finanziaria, benché non “scartate” a priori, sono considerate un utile strumento di valutazione, adottabili laddove sia comprovata la non applicabilità dei metodi “ordinari” citati e purché l’utilizzo delle stesse avvenga nel pieno rispetto dei principi guida sui prezzi di trasferimento (paragrafo 6.154). D’altra parte, lo stesso Oiv ha opportunamente evidenziato nelle premesse del discussion paper che lo stesso non intende affatto «interpretare o integrare gli standard internazionali elaborati dall’Ocse» e che, a ogni modo, andrà garantita la coerenza tra i metodi di valutazione proposti e le raccomandazioni Ocse in materia di transfer pricing.
Pertanto, pur non essendo esclusa la determinazione del contributo economico con metodi diversi da quelli “ordinari” di transfer pricing (Cup e profit split), occorrerà ben esplicitare la coerenza tra i metodi alternativi selezionati e gli standard Ocse e motivare le ragioni che hanno portato alla selezione di un metodo non “ordinario”. In proposito, l’applicazione di alcuni metodi “alternativi” potrebbe non garantire appieno la coerenza con le raccomandazioni Ocse; ad esempio, il metodo dell’excess earnings, che determina il reddito imputabile al bene immateriale principale dopo aver remunerato tutti gli altri beni, focalizza la valutazione sui singoli beni, non dando piena rilevanza all’influenza delle funzioni e dei rischi che l’impresa svolge e sostiene mediante l’uso di detti beni; funzioni e rischi che, come noto, costituiscono, secondo l’Ocse, l’essenza di ogni analisi sui prezzi di trasferimento. In tal caso, la preminenza dell’influenza delle funzioni e dei rischi sulla redditività potrebbe essere maggiormente tutelata attraverso un’analisi basata sul metodo di transfer pricing del residual profit split, che identifica il reddito attribuibile allo sfruttamento di un bene immateriale nella quota di reddito ulteriore rispetto a quello attribuito alle funzioni (non ai beni) routinarie. Del resto, proprio l’ufficio Ruling delle Entrate ha mostrato da alcuni anni un crescente favore all’applicazione del metodo profit split che, sulla base dei dati contenuti nel secondo bollettino sul ruling internazionale, è stato utilizzato nel 23% degli accordi sui prezzi di trasferimento sottoscritti al 31 dicembre 2012. Del resto, dai dati ufficiali risulta che il metodo profit split è stato usato nel 23% degli accordi sui prezzi di trasferimento sottoscritti al 31 dicembre 2012.

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