Per la voluntary disclosure si apre il fronte delle polizze assicurative
Rientro capitali, costi sensibili

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Mentre in Svizzera stanno scattando i primi blocchi su liquidazioni e modifiche di beneficiari (per chi non ha ancora dichiarato il «fiscalmente assolto» al proprio intermediario) il tema è capire, anche alla luce del caso Credit Suisse, quali prodotti possano traghettare nella disclosure senza colpo ferire. Ci sono infatti una serie di pacchetti border line dove l’aspetto assicurativo è cosi sfumato da lasciar sospettare semplici operazioni di mascheramento del nero verso Paesi ancora black list.
Intanto il Liechtenstein, il primo dei paradisi d’Europa a dichiarare pubblicamente – già nel novembre 2013 – di voler uscire dal segreto bancario, conferma la sua scelta di implementare la collaborazione con l’Italia. Lo ha spiegato ieri il capo della delegazione che il 26 febbraio scorso ha firmato il bilaterale con il Mef, Katija Gey (direttore dell ufficio degli affari internazionali del Principato), in un colloquio a margine dell’incontro di presentazione della voluntary disclosure italiana, organizzato da Baloise e Unione fiduciaria. «Se siamo pentiti del percorso di trasparenza intrapreso? Ovviamente no, il Principato aveva adottato l’impegno ad adeguarsi ai nuovi standard internazionali già nel 2009, l’obiettivo semmai oggi e di implementare questo percorso di integrazione» ha detto la Gey. A cominciare dal trattato sulle doppie imposizioni con Roma, necessario corollario sul protocollo di scambio di informazioni fiscali, e alla definitiva uscita dalle black list commerciali che ancora affliggono il principato, dove a dispetto delle apparenze e dei soli 37 mila abitanti residenti, il 40% del Pil è oggi di origine industriale/manifatturiero.
Sulle ripercussioni dell’apertura dei segreti da decenni custoditi nelle banche, e soprattutto nelle fiduciarie del Paese, il direttore degli affari finanziari internazionali non ha dubbi: «Conseguenze negative? Tutt’altro, credo che siano di fronte a una sfida molto importante , ma che è anche una grande opportunità per il Principato. E non temiamo la fuga dei capitali italiani. L’investitore di medio e lungo termine qui è al sicuro, resta su una piazza finanziaria di grandi capacità e di ottime performance».
Neppure i nuovi paradisi turbano gli equilibri del Principato: «Credo che oggi i rischi di essere intrappolati nella sempre più vasta rete di vigilanza internazionale sono così alti da scoraggiare chi vuole ancora sottrarsi alla compliance fiscale. Noi restiamo molto fiduciosi per il futuro» chiusa il direttore degli affari finanziari Katjia Gey.

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