Perché investire in Exchange-Traded Fund?

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Gli ETF sono tra i prodotti che tutti i promotori con un po’ di sale in zucca propongono ai loro clienti. Nella guida di oggi ci occuperemo proprio di questo – ovvero di capire perché gli ETF devono essere ritenuti superiori a fondi comuni di investimento e altre formule di risparmio gestito.

Cosa sono gli ETF?

ETF è acronimo di Exchange Traded Fund, una formula che a noi italofoni non dice molto. Per rimanere sullo stretto:

  1. Sono fondi comuni di investimento, ovvero raccolgono diversi titoli al loro interno;
  2. Hanno una gestione passiva: non ci sono gestori che scelgono i titoli che lo compongono, gli ETF si limitano a replicare l’andamento di un paniere di beni sottostanti. Hanno una composizione fissa – e questo è spesso un vantaggio per chi investe;
  3. Vengono scambiati in borsa: il che vuol dire che puoi cedere, ai prezzi di mercato, il tuo titolo in qualunque momento tramite mercati regolamentati;

Queste sono le caratteristiche principali degli ETF, le caratteristiche che rendono questo tipo di titoli estremamente vantaggiosi anche per i piccoli investitori e risparmiatori.

Non hai capito a fondo quello che abbiamo scritto fin qui? Non ti preoccupare. Di seguito troverai una disamina di tutti gli aspetti importanti degli ETF.

Gli ETF sono fondi a gestione passiva

La caratteristica più importante degli ETF è che sono fondi a gestione passiva. La differenza sostanziale qui è con i fondi comuni di investimento classici: questi infatti sono gestiti in modo attivo e devono semplicemente rispettare i vincoli di composizione (tra azioni, obbligazioni e altri tipi di investimento).

Gli ETF invece si limitano a replicare un indice di borsa: acquistano e vendono titoli automaticamente per replicare esattamente l’andamento di un intero indice. Facciamo l’esempio di FTSE MIB, che è l’indice più importante della borsa italiana. Un ETF che ne replichi l’andamento acquista e vende titoli che compongono suddetto indice, affinché il valore del fondo salga e scenda come fa l’indice FTSE MIB.

In realtà, come avremo modo di vedere più avanti, ci sono ETF che replicano anche l’andamento di indici smart e che hanno sempre una gestione passiva, ma diversa dalla replica pura degli indici. Questo è però un argomento avanzato al quale abbiamo dedicato un’altra guida.

Gli ETF hanno costi di gestione molto bassi

Gli ETF hanno dei costi molto bassi. Quando acquisti una polizza vita in forma di investimento, oppure la quota di un fondo comune di investimento, paghi – magari senza accorgertene – commissioni mediamente superiori al 2%.

Questo si traduce, anno per anno, in una perdita netta del 2% del capitale che hai investito. Ogni anno partirai con -2% per il tuo investimento, senza la certezza di recuperarlo in fase di negoziazione.

Gli ETF invece hanno costi molto più bassi. Parliamo di una media che oscilla tra lo 0,10% e lo 0,50% di commissioni, tra un quarto e un decimo di quanto ti troveresti a spendere con polizze assicurative – unit linked o meno – o fondi comuni di investimento.

Gli ETF ti permettono di diversificare

Come abbiamo già avuto modo di dire in un’altra delle nostre guide, investire senza diversificazione vuol dire correre rischi enormi con il nostro capitale.

Ogni singola quota di ETF ti permette di investire su moltissimi titoli – il che vuol dire fare un passo in avanti enorme verso la differenziazione anche se non vuoi inserire molti titoli diversi in portafoglio.

Immagina poi il livello di differenziazione che potresti ottenere andando a scegliere più di un ETF da inserire in portafoglio.

I fondi comuni di investimento invece spesso ti offrono una differenziazione non ideale, perché si concentrano su determinati settori o ancora su determinati paesi, esponendoti a rischi maggiori.

Puoi investire anche su mercati lontani – in genere inaccessibili ai piccoli investitori

Europa e Stati Uniti, i mercati verso i quali tradizionalmente investivamo fino a qualche anno fa, sono in enorme difficoltà. Quando crescono, lo fanno a tassi molto più bassi dei tassi di crescita delle economie emergenti.

Con gli ETF puoi investire, senza muoverti dalla Borsa di Milano, in Cina, Korea, Brasile, India, Turchia, Indonesia, Malesia e su tutti gli altri mercati a livello mondiale.

Gli ETF sono negoziati direttamente a Milano

Fare trading sui mercati esteri è mediamente molto costoso. I depositi titoli delle banche e le piattaforme di trading online in genere offrono piani molto più costosi per chi volesse non passare da Piazza Affari per i suoi investimenti.

Gli ETF invece sono negoziati direttamente alla Borsa di Milano, il che vuol dire anche minori costi in termini di commissioni bancarie.

Puoi scegliere di investire in ETF anche tramite un comune deposito titoli, oppure scegliendo strumenti più avanzati.

Puoi scegliere ETF che replicano l’andamento delle borse mondiali, tutte

Altro vantaggio unico offerto dagli ETF è che ne esistono alcuni che sono in grado di replicare l’andamento di un paniere di beni che rappresenta piuttosto fedelmente l’andamento delle borse mondiali.

Vuoi un investimento diversificato al massimo? Con questo tipo di titoli puoi ottenerlo anche con un solo titolo in portafoglio.

I migliori ETF sono molto liquidi

Se stai muovendo i primi passi nel mondo degli investimenti, forse non avrai molta dimestichezza con il concetto di liquidità.

Un titolo è liquido, quando puoi venderlo (o comprarlo) sul mercato praticamente in ogni momento.

Per farti un esempio di facile comprensione, immagina un immobile. Non è un bene molto liquido. Venderlo vuol dire aspettare settimane, se non mesi, alla ricerca di un compratore.

Nel caso invece dei titoli finanziari, puoi trovarne di estremamente liquidi, ovvero che possono essere facilmente venduti quando vuoi.

Per quanto riguarda i titoli strutturati, come gli ETF, ad andare di pari passo con la liquidità è la capitalizzazione, ovvero la quantità di capitale raccolto, informazione che trovi su qualunque prospetto informativo.

Gli ETF ben capitalizzati sono titoli molto liquidi, il che ti permette di liberarti del tuo investimento quando vuoi, in qualunque momento.

Avere un titolo con buona liquidità vuol dire anche perdere poco denaro nel caso di cambiamento repentino del trend. Aspettare con in mano dei titoli poco liquidi mentre un mercato crolla non è mai una bella esperienza per un investitore.

Gli ETF sono rischiosi?

Dipende. Mediamente sono rischiosi tanto quanto l’indice che replicano e rappresentano.

Parliamo di investimenti azionari – e dunque con un rischio medio-alto – il cui rischio è però mitigato dalla diversificazione insita nel titolo.

Per capirci, un indice tende ad essere sicuramente meno volatile delle azioni con il maggior tasso di volatilità che lo compongono, ma può essere comunque più rischioso dei titoli da cassettista.

Valgono, almeno in parte, quelle che sono le indicazioni che siamo soliti ripetere per tutti i tipi di investimento: valuta bene il rischio che sei disposto a correre prima di investire in qualunque tipo di strumento.

Il rischio degli ETF che hai individuato per il tuo investimento puoi valutarlo tenendo conto di questi fattori:

  • Indice sintetico di rischio: è un numero da 1 a 7, che ordina gli investimenti dal meno rischioso al più rischioso. Un ETF con indice sintetico 2 è meno rischioso di uno con indice 4 o 5;
  • Paese sul quale si investe: mediamente i paesi emergenti tendono ad offrire maggiori rischi (e maggiori potenziali guadagni) rispetto a quelli più economicamente sviluppati;
  • Tipologia di indice: gli indici utilizzano sistemi diversi per generare una media dell’andamento. Quelli che concentrano il grosso del peso specifico su meno aziende quotate, tendono ad essere più volatili.

Se sei un investitore che vuole rischiare molto poco, forse gli ETF non fanno al caso tuo.
Se al contrario sei disposto a correre qualche rischio ponderato, gli ETF possono regalarti sicuramente delle ottime prospettive di investimento.

Occhio: non esistono soltanto ETF sugli indici azionari

Negli ultimi tempi si sono diffusi – soprattutto negli USA – ETF diversi per composizione, che possono avere come sottostante prodotti diversi dalle azioni e dagli indici.

  1. Mortgage based: ovvero quelli che hanno come collaterale mutui cartolarizzati o comunque raccolti secondo altro metodo finanziario. Investire in questo tipo di prodotto vuol dire, indirettamente, dare fiducia ai debitori di quei mutui e ottenere rendimenti alti laddove questi siano più rischiosi;
  2. A tasso fisso: sono quegli ETF che al loro interno raccolgono titoli dal rendimento certo, tipicamente prestiti o obbligazioni, statali o corporate;
  3. Materie Prime: sono ETF che replicano l’andamento di una o più materie prime, tendenzialmente per tipologia;
  4. ETF Valutari: contengono al loro interno come collaterale una o più valute;
  5. ETF con leva: possono avere al loro interno qualunque tipo di titolo (anche se tipicamente sono azionari). La loro particolarità è che moltiplicano l’andamento di un indice, per 2, per 3, talvolta anche per moltiplicatori più alti. In questo caso aumenta il rischio, perché se è vero che si moltiplicano i guadagni, si moltiplicano anche le perdite.

Questi prodotti sono relativamente più complessi e dovrebbero essere acquistati e venduti soltanto da investitori esperti, che hanno già una discreta conoscenza delle tecniche di composizione del portafoglio e che possono valutare in autonomia il rischio.

Che cos’è il tracking error degli ETF e perché è importante

Il Tracking Error è la percentuale massima di errore che un ETF può avere nel replicare un determinato indice o paniere di beni.

Per intenderci, con un ETF con Tracking Error 0,20%, nel caso di investimento su S&P500 presenterebbe la seguente situazione:

  1. Immaginiamo che nella giornata di scambi di oggi l’indice abbia fatto registrare un +1,34%
  2. L’ETF può di conseguenza registrare un movimento variabile tra 1,14% (ovvero il massimo del -0,20%) e 1,54% (ovvero un massimo del +0,20 rispetto all’andamento reale)

Il tracking error potrebbe essere facilmente ignorato dagli investitori, se non fosse che è un buon indice per capire quanto la composizione patrimoniale degli ETF sia diversa dall’indice sottostante.

Quando il tracking error è superiore al 2%, gli esperti concordano nel considerare lo strumento come a gestione attiva e dunque un fondo comune di investimento a tutti gli effetti, andando così a perdere tutti i vantaggi che gli ETF hanno rispetto a questi ultimi.

Cosa sono gli ETF non armonizzati?

Sono semplicemente gli ETF che non sono conformi alle normative europee. Non possono essere scambiati dunque sulle borse europee – inclusa quella italiana – ma possono essere scambiati su altre borse, come ad esempio quella di New York.

Non esistono maggiori tutele che riguardano gli ETF armonizzati, se non fosse che, appunto, sono più facili da scambiare per chi vive in Italia.

Ricordati inoltre che un regime amministrato per il pagamento delle imposte è possibile soltanto per gli ETF Armonizzati.

La tassazione degli ETF

Chiudiamo riportando quella che è la disciplina vigente per quanto concerne la tassazione degli ETF:

  1. I profitti generati vanno iscritti come redditi da capitale e sono dunque tassati al 26%
  2. Le perdite generate vengono iscritte invece come redditi diversi di natura finanziaria

Si tratta di una stortura che non permette di compensare le minusvalenze con le plusvalenze ottenute tramite il medesimo strumento.

Vale la pena ricordare che l’imponibile viene calcolato esclusivamente tra il prezzo all’acquisto e il prezzo alla vendita dello strumento.

In poche parole, acquistando 1.000 euro di quote ETF e rivendendole a 1.200 euro, ci vedremmo tassati al 26% su un imponibile di 200 euro, ovvero andremmo a pagare 52 euro di imposte.

La quota percentuale che concerne titoli di stato dei paesi su white list viene invece tassata al 12,5%.

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