Rispetto alla revisione in materia di interventi come quelli per la valorizzazione del territorio o l’efficienza energetica, la rimodulazione dei fondi del Pnrr per il settore idrogeno – in queste settimane al vaglio della Commissione europea – secondo gli addetti ai lavori sta passando pericolosamente sotto tono.
«Abbiamo già accumulato ritardo rispetto ad altri Paesi nello sviluppo di una strategia chiara, tanto che l’Italia ha programmato una capacità di elettrolisi pari a 1,97 GW contro i 93,55 GW dell’Europa», esordisce Davide Chiaroni, vicedirettore dell’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano. «La riduzione di fondi del Pnrr, senza avere subito la certezza di risorse sostitutive, determina un’ulteriore condizione di incertezza per gli operatori. In particolare perché si è tagliato sulla progettualità legata agli impianti più grandi – oggetto di definanziamento è il percorso di decarbonizzazione del polo siderurgico di Taranto, ndr – che doveva rappresentare il pilota per quello che sarebbe dovuto succedere dopo», spiega Chiaroni.
Tempi di realizzazione e rientro dal debito
In mancanza di una strategia chiara su quali tipologie di infrastrutture si ritiene più strategico sviluppare, il Pnrr è stato costruito con l’idea di far partire tanti progetti (si veda la scheda a lato), come una sorta di test per scegliere su cosa focalizzarsi sulla base dei risultati. Mettere in forse anche un solo progetto – ma il più grande -, spiega Chiaroni indebolisce l’intero quadro. «Ciò che probabilmente sarebbe successo è che la filiera intera, in termini diretti o indiretti, avrebbe beneficiato dalla partenza di un grosso progetto, capace di generare un effetto scala e di replicarlo poi su progetti di minori dimensioni».
Il Governo ha fatto intendere che le risorse verranno reperite attingendo ai fondi del Repower Eu (all’Italia sono assegnati 2,76 miliardi a fondo perduto). La restante parte si configurerebbe come prestito, e questo secondo Chiaroni potrebbe creare qualche difficoltà nell’investimento in progetti infrastrutturali di più lungo termine: «Tutto dipende dalle condizioni di restituzione del prestito. Il rischio sui grandi progetti infrastrutturali è che i tempi di realizzazione non siano compatibili con i tempi di rientro del debito».
Sulla rimodulazione dei fondi del Pnrr sono tanti gli attori, in primis Comuni e Regioni, ad aver alzato la voce nelle ultime settimane. E se il quadro che sembra delinearsi è quello della “coperta corta”, il rischio è che una filiera già debole – perché non si è ancora sviluppata come quella dell’idrogeno – abbia poca forza nel mettersi al tavolo di negoziazione delle risorse, rispetto ad altri interlocutori più istituzionalizzati.