Polizze Vita classiche in rimonta
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Dovevano essere sostituite, o quanto meno ridimensionate, dai prodotti a più alto contenuto finanziario, come le unit linked che investono in fondi comuni. Invece le polizze tradizionali, quelle di ramo I che investono in gestioni separate e garantiscono il capitale investito (e negli anni dei tassi alti anche ottimi rendimenti), continuano a dominare la scena assicurativa. I dati di raccolta del ramo Vita, pubblicati in questi giorni dall’Ania, mostrano un rallentamento della raccolta complessiva del settore rispetto al dato record del 2015. Nel primo semestre di quest’anno i flussi sono stati pari a 56 miliardi, in calo dell’8,9% rispetto al giugno dell’anno scorso. Ma la frenata è da addebitare di fatto esclusivamente al rallentamento delle unit linked che da gennaio a giugno hanno raccolto 11,7 miliardi rispetto ai 17,8 miliardi dello stesso periodo 2015. Mentre i prodotti di ramo I nel primo semestre di quest’anno hanno rastrellato 41,9 miliardi, in crescita rispetto a 40,7 di giugno 2015.

Eppure quasi tutte le principali compagnie di assicurazione nei loro piano industriali hanno annunciato la volontà di ridimensionare il ramo I, più costoso in termini di accantonamenti di capitale secondo la nuova direttiva europea Solvency II partita a gennaio scorso. Piani che puntavano in particolare sulle polizze unit linked, che trasferiscono il rischio al cliente e che di conseguenza in termini di capitale richiesto, sono più convenienti. Tanto che più di qualcuno aveva iniziato a ventilare il rischio che le assicurazioni cominciassero ad abdicare dal loro compito tradizionale, che è quello di trasferire sicurezza ai clienti, assomigliando sempre di più a gestori finanziari. I dati sembrano però smentire questo trend. Le riserve tecniche Vita, nel primo semestre 2016 sono state pari a 596,7 miliardi, in aumento rispetto al trimestre precedente e anche rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (+8%). E il 74% delle riserve deriva proprio da impegni assunti da polizze di ramo I mentre solo il 19% riguarda il ramo III. Insomma, il passaggio a prodotti a più alto contenuto finanziario, complici probabilmente i mercati volatili, sembra essere più complicato del previsto e le polizze tradizionali continuano a fare la parte del leone. Ma come noto l’industria è al lavoro per proporre all’Ivass una revisione delle regole sul ramo I. Per ottenere magari la possibilità che la garanzia riguardi solo una parte del capitale investito ma soprattutto maggiore flessibilità nella gestione. Magari sul modello francese che consente di utilizzare una riserva per le eventuali plusvalenze realizzate, senza doverle attribuire subito agli assicurati.

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