Pop Vicenza e Veneto Banca, aumento capitale è una trappola?
Banca Popolare di Vicenza fa il bis in Puglia

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Nelle ultime settimane è giunta la notizia di un accordo su aumenti di capitali per la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, istituti veneti che sono finiti sotto la lente della Bce ma anche della magistratura. Tali operazioni di rafforzamento del patrimonio siano stati annunciati con consorzi di garanzia per sostenere la ricapitalizzazione nel caso di problematiche.

La banca IMI del gruppo Intesa San Paolo ha annunciato nelle scorse settimane un accordo di pre-garanzia per l’aumento di capitali in opzione. Un’operazione di 1 miliardo di euro per Veneto Banca. Allo stesso tempo la Banca Popolare di Vicenza aveva annunciato che ad affiancarla nell’aumento di capitale pari a 1,5 miliardi di euro vi è Unicredit.

Una messa in sicurezza di due istituti di credito in difficoltà che hanno così avviato un cammino parallelo che prevede di sottoporre all’assemblea dei rispettivi soci la trasformazione in S.p.a., la quotazione in Borsa e il successivo e/o contestuale aumento di capitale. Questa l’immagine apparsa della pre-garanzia a diversi investitori e analisti.

L’intervento del consorzio di garanzia dovrebbe esserci in caso di inoptato qualora si tratti di un aumento di capitale con diritto di opzione per i vecchi azionisti. In questa ipotesi il gruppo Imi (Intesa San Paolo), per Veneto Banca, metterà all’asta i diritti non esercitati da parte degli azionisti che non sottoscriveranno l’aumento di capitale. Se non dovessero esserci compratori a farsi carico dell’acquisto sarà proprio Imi- IntesaSanPaolo, diventando azionista della banca.

Tuttavia la doccia fredda è arrivata dal presidente del Consiglio di IntesaSanPaolo, Gian Maria Gros-Pietro: “Noi non intendiamo avere alcun ruolo proprietario, facciamo la banca, quando ci sono clienti nell’ambito del capital market noi siamo pronti ad azioni, come stiamo facendo ora con Veneto banca”. Nessun ambizione di proprietà da parte di Intesa allora.

Intanto sono sempre in crescita gli azionisti che dichiarano di essere caduti in una trappola e ad interessarsi del caso anche numerose associazioni di consumatori. Con il lancio di aumento di capitale le ipotesi sul tavolo prevedibili sono due: o sarà un grande successo e gli attuali azionisti sottoscriveranno la ricapitalizzazione o al contrario non entrerà in funzione il consorzio di garanzia perché il prezzo sarà molto basso. Una situazione la seconda che temono soprattutto i piccoli azionisti quando si tratta di aumenti di capitale diluitivi. Una pratica che è sotto osservazione da parte della Consob. Non resta che attendere per capire se sarà una “trappola” o meno.

A calmare gli animi, il numero 1 di Unicredit, Federico Ghizzoni che, alla renziana maniera, si dichiara “serenissimo” nonostante il collocamento di un bond subordinato curato dalla stessa Unicredit insieme a Bnp Paribas e offerto a un rendimento superiore al 11%, un livello decisamente da junk bond.

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