La mossa del finanziere italo-britannico Raffaele Mincione sulla Bpm, che martedì si è opposto alla linea del presidente Andrea Bonomi di un rinnovo anticipato del consiglio di gestione dopo l’uscita di Piero Montani, imponendo di fatto un ritorno all’assemblea dei soci, non è isolata. Il numero uno del fondo Time & Life sa che con il 7% in mano al The Capital Investment Trust llc di Jersey è secondo socio di Bpm dopo la Investindustrial di Bonomi (all’8,6%), ha schierato al suo fianco l’ex premier ed ex direttore generale della Banca d’Italia, Lamberto Dini.
È lui uno dei consiglieri delle mosse di Mincione, che si contrappone a Bonomi puntando a un accordo con i soci della popolare, in particolare i dipendenti. «Conosco Mincione da diverso tempo, guardando al record delle cose che ha fatto è un finanziere di successo. E se si rivolge a me, io non consiglierò mai cose che vadano al di là di ciò che è legittimo», spiega Dini al Corriere . L’ex presidente del Consiglio è in procinto di entrare nell’advisory board della Time & Life — «quando sarà costituito ci penserò: ci sono personalità di rilievo, non italiane, del mondo della finanza. Questo dimostra che Mincione è una persona seria» — ma esclude di poter diventare presidente del consiglio di gestione: «Naturalmente no, io sono stato un banchiere centrale, non un banchiere commerciale. Ma visto che sono stato direttore generale della Banca d’Italia voglio accompagnare chiunque possa avere un ruolo per risolvere i problemi esistenti della Bpm, e quindi i conflitti tra i soci, con programmi che puntino alla trasformazione in società per azioni. Certo», continua l’ex presidente del Consiglio, «ci vuole la fiducia dei soci perché senza di essi nessun programma può andare in assemblea». Dini è stato contattato da Mincione per «vedere qual è la situazione di Bpm: ho esaminato i bilanci, ho visto le perdite 2011 e 2012, ora il 2013 dovrebbe chiudere in attivo attraverso partite non ricorrenti, e dunque sembra che il risanamento che Montani vuole vantare non c’è».
Dopo il parere legale dello studio Nctm inviato a sorpresa martedì al consiglio di sorveglianza contro il rinnovo anticipato del consiglio di gestione (che ha neutralizzato di fatto i pareri favorevoli degli studi Portale, Montalenti, Marchetti e Benessia), Mincione dovrebbe essere ricevuto nei prossimi giorni in Banca d’Italia e la prossima settimana in Consob. Dini sarà con lui? «Se mi viene chiesto di essere presente, sarò presente. Io vorrei sapere dai miei amici di Banca d’Italia qual è il pensiero e la strada che Bankitalia deciderà che la Bpm intraprenda. L’eccesso di mutualità no ha permesso di rafforzare il patrimonio delle popolari più grandi, quelle che passeranno sotto la vigilanza della Bce. Mi auguro che tutti vogliano dare una mano in questa direzione. Ma per farlo in una popolare come la Bpm c’è bisogno della fiducia dei dipendenti».
Sarà dunque un’assemblea combattuta quella che il consiglio di gestione si prepara a convocare (forse per metà dicembre) per la revoca dell’attuale consiglio di sorveglianza e la nomina del nuovo board (e, a cascata, del nuovo management) in anticipo rispetto alla scadenza naturale di aprile. È questa la via scelta ieri dopo due giorni di seduta dal consiglio di sorveglianza per «favorire» il rilancio con la riforma della governance, l’approvazione del piano industriale e l’aumento di capitale da 500 milioni. La governance viene così rimessa in discussione, e la prima conseguenza è un taglio del rating da parte di Standard & Poor’s (da «BB» a «BB-»). Ciò che si profila sembra dunque essere una caccia ai voti tra Bonomi e Mincione. La sfida è dichiarata: «Il presidente del consiglio di gestione non deve cercare scorciatoie che vanno contro le norme statutarie. Ora quella strada è stata abbandonata. Mi pare un progresso. Le cose vengono rimesse nelle mani dell’assemblea», dice Dini.
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