Predisposizione al digitale: l’Italia è in crescita
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Su tutti spicca Singapore, che ha valutazioni altissime su tutti i parametri: un insieme di indicatori che vanno dal contesto politico e normativo, all’infrastruttura tecnologica e alle competenze esistenti, passando poi per il livello di utilizzo della Rete da parte di privati, governi e aziende.

 

L’Italia, pur piazzandosi soltanto al 45esimo posto, fa notevoli passi in avanti rispetto allo scorso anno, guadagnando dieci posti in graduatoria. Paghiamo soprattutto la scarsa presenza di capitali di rischio nel nostro Paese, la limitata diffusione della banda larga (rispetto alle nazioni più avanzate) e alcune farraginosità ancora presenti a livello burocratico e legale. Proprio su quest’ultimo fronte sono stati fatti però i maggiori progressi.

 

«Negli ultimi anni – scrivono infatti gli autori del rapporto – il governo italiano ha lanciato una serie di provvedimenti volti a migliorare la fornitura di servizi online ai cittadini e a creare un ambiente migliore per le startup e le imprese innovative in genere». Si tratta ora, sempre secondo il Wef, di capitalizzare i vantaggi ottenuti e proseguire su questa strada, perseguendo gli obiettivi dell’Agenda digitale.

 

È necessario cercare di colmare a tutti i costi il divario che si è accumulato e si sta ancora allargando, dato che, come sottolinea il capo del centro per l’Agenda Globale del Wef, Richard Samans, «l’economia digitale è una parte essenziale dell’architettura della quarta rivoluzione industriale. Affinché questa continui ad avere effetti economici e sociali positivi, le società devono anticipare i suoi effetti sui mercati e assicurare un equo trattamento per i lavoratori in ambienti di mercato digitalizzati».

 

Sebbene, come emerga chiaramente dalla classifica, esista una forte correlazione fra indice NRI e reddito pro capite, con le nazioni più ricche che sono anche le più digitalizzate, l’aspetto forse più interessante di questo report è proprio il fatto di non rappresentare solamente – come sarebbe forse avvenuto in passato – una celebrazione acritica del progresso tecnologico.

 

Come già avvenuto per un altro studio recente, quello della Banca Mondiale sui «digital dividens» esistono luci e ombre della digitalizzazione, che è bene non sottacere. In particolare, secondo il Forum, per rispondere ai mutamenti portati dalla tecnologia, sono necessari strumenti di governo agili, in grado di adattarsi rapidamente al mutare delle circostanze.

 

L’accelerazione del cambiamento è anche il motivo per cui è sempre più difficile misurare il grado di innovazione con parametri tradizionali, come il numero dei brevetti; oggi si stanno diffondendo altre variabili, come l’emergere di nuovi modelli di business. Quella «uberizzazione» della società a cui molti fanno riferimento e che fa sì che la più grande struttura alberghiera (AirBnb) non ha hotel, o la maggiore società di trasporto privato non abbia dipendenti.

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