Quante volte abbiamo sentito parlare di asset allocation?
L’ asset allocation è la suddivisione del portafoglio in base alla tipologia dei mercati su cui vogliamo investire, ad esempio azionario, obbligazionario, materie prime e via discorrendo.
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L’ asset allocation è la suddivisione del portafoglio in base alla tipologia dei mercati su cui vogliamo investire, ad esempio azionario, obbligazionario, materie prime e via discorrendo. Esistono tre tipi di asset allocation: quella strategica, quella tattica e quella dinamica. Tendenzialmente quella di cui si parla sempre è l’asset allocation strategica cioè quella che si utilizza per costruire il classico portafoglio di medio lungo termine.

Non ci interessa scendere nel merito di queste distinzioni e neanche del perché alcune di queste suddivisioni non vengano prese in debita considerazione, perché quello che ci interessa è andare a scoprire quello che non ci viene mai detto in merito a questi due importantissimi argomenti, che sono poi quelli che decretano il successo o l’insuccesso dei nostri investimenti.

Punto di partenza sbagliato…

Chi ha un po’ di esperienza sui mercati e come noi ha già la barba un po’ bianca sa molto bene che il corretto processo di investimento parte da una serie di presupposti molto deboli. Questo perché nello svolgimento degli step si parte da assunzioni (ex-ante nella terminologia tecnica) che sono un misto tra desideri e ipotesi che purtroppo potranno essere verificate solo ex-post, cioè dopo.

Facciamo un esempio per capirci: tra gli step classici troviamo quello di stabilire l’obiettivo dell’investimento che può essere declinato in tanti sottotipi ad esempio comprare una casa, mandare un figlio all’università, oppure quello che considera l’età anagrafica dell’investitore e la sua situazione reddituale e lavorativa.

Tutti presupposti di partenza molto deboli e pericolosi. Un esempio concreto? Fare oggi affidamento sulla capacità reddituale, o meglio sulla sua stabilità, è rischioso e purtroppo abbiamo evidenze ogni giorno di chi, sulla propria pelle, sperimenta il fatto di perdere completamente lavoro e capacità reddituale dalla sera alla mattina. Un altro esempio? Ci raccontano sempre che le persone giovani dovrebbero mettere ad asset di medio lungo termine quote maggiori di azionario rispetto alle persone più avanti negli anni. E se ci pensiamo bene è quello che accade anche nei tanti piani previdenziali complementari promossi dagli istituti finanziari. Il presupposto di questa impostazione è che in caso di mercati avversi una persona giovane ha teoricamente più tempo davanti a sé per recuperare le perdite accusate.

E’ vero, sembra ragionevole, ma non lo è. Senza scomodare i tanti episodi di memorabili crolli dei mercati del passato, un giovane che avesse investito i suoi risparmi sul mercato italiano poco prima del crollo a inizio 2007. Dopo appena 24 anni sarebbe ancora in perdita di appena il 40% circa…

La cosa veramente importante da tenere a mente quando si inizia a pianificare un investimento è quella di avere ben chiaro quanto effettivamente e ragionevolmente si possa rischiare nel breve, nel medio e nel lungo termine.

Ed è proprio questo è uno dei punti dolenti: tutta la pianificazione “old-style” viene fatta ex ante considerando aspettative e rendimenti attesi che puntualmente non si verificano mai sui mercati. Non si mette mai la giusta attenzione su quanto si deve rischiare per raggiungere quel determinato risultato e di conseguenza quando le cose vanno male non si sa più che pesci prendere.

Poi, sia chiaro, fare delle valutazioni ex ante e considerare le probabilità dei rendimenti attesi è pratica corretta anche perché come ben sanno coloro che hanno esperienza sui mercati la matematica e la statistica sono le nostre migliori armi per cercare di investire con criterio e soddisfazione. Ma un conto è utilizzare la matematica e la statistica ragionando in termini di probabilità, un conto è costruire un castello di carte basandosi su rendimenti attesi che sono chiaramente frutto delle medie riferite al passato e che come ben sappiamo non sono né indicazione certa né tantomeno garanzia nel futuro.

Punto di arrivo sbagliato

E se il corretto processo di investimento parte da un presupposto sbagliato non potrà che portare ad una conclusione sbagliata. E qual è la conclusione sbagliata di un processo di investimento traballante? Molto semplice é l‘assett allocation che sarà costruita in base ad obiettivi potenzialmente scollati dalla realtà perché i rendimenti reali potrebbero essere molto diversi da quelli attesi. Anche perché la scelta delle tipologie di mercati da inserire in portafoglio e delle percentuali da assegnare a queste tipologie di mercati risulta condizionata da scelte ex-ante che saranno purtroppo però solo verificate ex post.

E in più, se non ho valutato la portata dei rischi e degli imprevisti, la via per il fallimento è perfettamente tracciata.

Si parla sempre e solo dell’assett allocation strategica cioè quella di medio lungo termine che di fatto individua principalmente la suddivisione tra azionario ed azionario in base al profilo di rischio dell’investitore. Poi, all’interno delle due macro categorie, tende a metter dentro di tutto un po’ confidando che il gioco delle medie tenda far sì che gli investimenti che vanno bene compensino in qualche modo quelli che invece stanno andando male.

Il problema di un asset allocation esclusivamente impostata in ottica strategica è che la sua staticità può essere molto pericolosa perché sappiamo ormai molto bene che i mercati sono radicalmente cambiati e hanno oggi un respiro molto più di breve termine rispetto ad un ventennio fa. Infatti, quasi mai nessuno parla dell’asset allocation tattica cioè quella basata su una visione del mercato contingente. Il problema è che l’asset allocation tattica prevede una maggior dinamicità all’interno del portafoglio e richiede quindi molte competenze e strumenti di analisi affidabili.

Cambiare cosa non funziona più 

Quindi per tirare le prime conclusioni: il corretto processo di investimento, unito al concetto di asset allocation come ce li hanno sempre raccontati producono un portafoglio teorico molto rassicurante ma potenzialmente scollato dalla realtà e profondamente statico. Diciamo molto tranquillamente l’esatta antitesi di quello che dovrebbe essere oggi il modo di investire con soddisfazione limitando i rischi.

Sia chiaro: quello che abbiamo visto non è sbagliato in linea assoluta ma oggi non è più applicabile per quello che oggi sono in diventati i mercati. Ciò che andava bene 20 o 30 anni fa oggi non funziona più e quindi se non vogliamo far soccombere i nostri risparmi dobbiamo attrezzarci e aggiornare sia il nostro approccio al mercato sia gli strumenti con cui analizzarlo.

Vi svelo un “segreto”. L’unico vero modo per far crescere con costanza il proprio portafoglio di investimenti è quello di contenere e gestire in modo impeccabile il rischio. Il problema è che gestire la rischiosità di un portafoglio non è facile ma può diventare semplice se ci si abitua a ragionare in un certo modo e se si hanno degli strumenti per farlo. 

Detto questo, però, non è che l’asset allocation strategica sia da buttare completamente ma è necessario costruirla con dei nuovi criteri che si basano sull’esperienza accumulata in anni e anni di lavoro sui mercati, piuttosto che su una serie di rendimenti attesi. Inoltre, non va dimenticato che se un tempo l’asett allocation strategica poteva essere valida per alcuni anni, oggi questo non è più vero e non è così inusuale che asset allocation strategica e asset allocation tattica oggi tendano spesso e volentieri a sovrapporsi e confondersi.

Bene, e quindi come dobbiamo fare? Innanzitutto dobbiamo cambiare la mentalità con cui approcciamo i mercati e gli investimenti. Dobbiamo fare tesoro delle esperienze del passato e comprendere che i mercati sono in continua e profondo cambiamento. Dobbiamo diventare flessibili e imparare a gestire i rischi finanziari in modo efficiente.

Dobbiamo dotarci degli strumenti adatti per fare questo, qualunque essi siano. E costruire un metodo intorno a questi strumenti.

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