Il rapporto degli italiani con il denaro contante è storicamente idilliaco
prestazione occasionale

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Stipato sotto il mattone in cucina come nella memorabile scena del film “Totò, Peppino e la Malafemmina” o custodito nelle cassette di sicurezza, è di circa 150 miliardi di euro il totale del denaro liquido che foraggia il cosiddetto “nero”, luogo nel quale evasori fiscali e malavita organizzata trovano gli strumenti più adatti per regolare le loro transazioni, poiché di questo denaro non si conosce né la provenienza né tantomeno la destinazione. Per questa ragione, ad esempio, dal 2018 le banconote da 500 euro non saranno più emesse e i vari Governi stanno adottando politiche tese a incoraggiare l’uso dei pagamenti elettronici. Ma se da altre parti d’Europa questa cultura sembra già avere una base solida, gli italiani invece preferiscono ancora le banconote ai chip. Consideriamo infatti che un italiano effettua mediamente all’anno 30,1 operazioni con Bancomat o carta di credito. Questo dato ci piazza agli ultimissimi posti nell’utilizzo di strumenti di pagamento elettronici: dietro di noi solamente Bulgaria, Grecia e Romania, con una media europea di 202,32 operazioni. L’utilizzo diffuso del contante costa agli italiani circa 9,5 miliardi di euro all’anno, pari allo 0,52% del Pil, includendo non solo i costi di emissione e gestione del denaro, ma anche quelli dei portavalori, i costi per gli istituti di credito di gestione degli Atm, i costi di vigilanza e, in fondo ma non ultimi per incidenza, i costi delle rapine, i costi per gli utenti connessi a furti o ai tempi necessari per l’approvvigionamento di contante o per l’esecuzione del pagamento con i diversi strumenti (contante, assegni e carte di pagamento).
Per cambiare queste linee di tendenza è necessario quindi agire sul fronte normativo e culturale. Per l’OCSE l’educazione finanziaria è “il processo attraverso il quale i consumatori e gli investitori migliorano la comprensione dei concetti e le competenze necessarie ad acquisire una maggiore consapevolezza dei rischi e delle opportunità finanziarie, al fine di compiere scelte informate, di sapere dove rivolgersi per aiuto e di intraprendere altre azioni concrete per migliorare il grado di benessere e di protezione finanziaria”, e uno dei passaggi fondamentali è avvicinare prima possibile i giovani a questi temi, fondamentali per tutto il ciclo della loro vita.
E così un’importante multinazionale ha pensato di modificare lo storico gioco del Monopoli, un’icona culturale presente nell’infanzia di ognuno di noi, immutabile ai cambiamenti sin dalla creazione nel 1935. Nella sua nuova edizione chiamata «Ultimate Banking», Monopoli dice addio al contante per passare alle carte di credito contactless, le stesse usate oggi per pagare nei negozi. Per le penalità o per regolare gli acquisti dei contratti dei terreni, delle case e degli alberghi si passa quindi dalle famosissime banconote colorate, prede di facili furti durante le interminabili partite natalizie, a una strisciata della carta magnetica o di qualsiasi altra carta del gioco, con una gestione automatizzata e on time del flusso di denaro. Da una parte quindi il gioco o la cosiddetta gamification, per coinvolgere le persone a provare più divertimento nelle attività quotidiane per far fronte a numerose azioni spesso ritenute noiose come il pagamento di tasse o l’economia e la finanza; dall’altra un’azione capillare nelle scuole con l’obiettivo di avvicinare i più giovani a materie tradizionalmente considerate noiose e difficili.
La rete e la dematerializzazione del denaro sono però due elementi che sebbene abbiano un ruolo centrale nella vita economica delle nuove generazioni, fanno cambiare radicalmente la percezione e il valore “vissuto” del denaro: i soldi escono dal muro attraverso il bancomat o consentono di comprare con un veloce passaggio della carta di credito. Gli strumenti di pagamento alternativi al contante cambiano radicalmente il nostro stile di vita, nasce una nuova e positiva relazione quotidiana con il denaro basata su praticità, disponibilità h24, sostenibilità ambientale, sicurezza, legalità. Ma il valore virtuale del denaro porta con sé anche una grande incognita: le nuove generazioni saranno in grado di gestire responsabilmente e consapevolmente questa nuova interazione con la propria capacità di spesa?

“Il valore del denaro nell’era virtuale rappresenta una sfida per i genitori”, commenta Barbara Forresi , psicologa e psicoterapeuta esperta di infanzia e adolescenza. “Come cambia la percezione del denaro in assenza di uno scambio “tangibile” di banconote e monete? Come insegnare l’utilizzo del denaro dematerializzato ad un bambino, la cui mente e le cui competenze cognitive, tra queste il pensiero astratto, sono in via di maturazione? Si tratta di questioni di grande attualità perché la moneta elettronica e i pagamenti online stanno rivoluzionando i percorsi di educazione finanziaria che avvengono nelle famiglie: la paghetta, il risparmio, l’autorizzazione ad un acquisto interessano sempre più spesso carte di credito e mondo del web. Il persistere del denaro contante, così significativo nel nostro Paese, dipende solo in parte da fattori razionali ed è invece ampiamente determinato da resistenze di tipo percettivo e affettivo – pregiudizi, timori, insicurezze, attaccamento ad un valore simbolico – che, presenti nei genitori, rischiano di ricadere sull’educazione dei figli. Comprendere meglio questi fattori è indispensabile, come lo è incoraggiare il superamento dei pregiudizi a favore di una migliore comprensione della moneta dematerializzata, dei pagamenti online e dei loro aspetti di rischio, ad esempio spese incontrollate e gioco d’azzardo”.

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