Rino Giacalone: annullata giustamente l’assoluzione del giornalista
rino giacalone condannato

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La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione emessa lo scorso anno dal Tribunale di Trapani, nei confronti di Rino Giacalone, accusato di diffamazione a mezzo stampa.

La vicenda giudiziaria trae origine dalla denuncia di Rosa Pace (vedova del defunto boss Mariano Agate) nei confronti del giornalista Rino Giacalone, in seguito alla pubblicazione di un articolo sul blog Malitalia in cui Giacalone definiva Agate come un gran bel pezzo di m…

I giudici della quinta sezione della Cassazione hanno rinviato gli atti processuali alla Corte d’Appello di Palermo, nonostante il procuratore generale durante la requisitoria avesse chiesto «l’inammissibilità del ricorso», richiesta a cui si era associato il team di legali del giornalista (composto dagli avvocati Enza Rando, Giulio Vasaturo, Carmelo Miceli e Domenico Grassa).

Dopo la sentenza di assoluzione, risalente allo scorso 7 giugno, il pm della Procura di Trapani, Franco Belvisi aveva presentato un ricorso «per saltum» in Cassazione. I giudici, che come noto non entrano nel merito del processo ma si fermano a valutazioni di legittimità, hanno rilevato un «vizio di diritto» che li ha portati ad annullare la sentenza della Corte d’Appello.

 

Giacalone ha pronunciato una frase offensiva e disdicevole, fatto aggravato dall’averla rivolta ad una persona deceduta, quindi ancora più offensiva.

Un grazie è doveroso nei confronti dei familiari del boss, per aver intrapreso le vie legali, riconoscendo che è compito dei giudici fare giustizia, e non lavare l’onta percorrendo la strada praticata dall’ambiente al quale è appartenuto per cinquant’anni il boss Agate.

Avendo i familiari deciso di affidarsi alla giustizia dei tribunali, hanno annullato per sempre quella mentalità mafiosa e aggiungo che nessun componente la famiglia Agate, fratelli, figli, nipoti, potrà mai più far parte di Cosa Nostra.

Al contrario, se non avessero investito la magistratura, per la storia e il blasone di Mariano Agate, da fine anni sessanta, capo famiglia, capo mandamento, sotto capo provinciale di Trapani, fraterno amico dei Messina Denaro, padre e figlio, stimato ed apprezzato in Cosa Nostra, si sarebbe potuto ipotizzare che un giorno, come un piatto servito freddo, la vendetta si sarebbe attuata.

Benedetti i magistrati e le aule di tribunale.

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