Il ritorno a livelli di normalità resta lontano, ma dal fronte dei NPL cominciano ad arrivare segnali di distensione
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Un fatto nuovo, che apre prospettive positive non solo per gli istituti, ma anche per le imprese e le famiglie italiane, data la storica dipendenza dal credito bancario. È uno dei messaggi emersi nel corso di un convegno sul tema organizzato da Crif presso l’Università Cattolica di Milano.
Nel corso della mattinata si è fatto il punto sull’evoluzione del settore: dal 2008 ad oggi l’ammontare delle esposizioni deteriorate è sostanzialmente quadruplicato, mentre più che quadruplicato è il rapporto tra sofferenze lorde e impieghi bancari (a loro volta pari all’incirca al PIL) ormai superiore al 11%.

Il tema non è comunque solo italiano, per quanto nel nostro Paese assuma rilievo più che altrove. Così la Bce ha recentemente redatto alcune “linee guida” per la buona gestione dei crediti deteriorati, chiarendo le aspettative della Vigilanza bancaria per il futuro. La Banca d’Italia è scesa in campo per spiegare agli osservatori internazionali le peculiarità del contesto italiano, mentre l’Associazione Bancaria Italiana ha richiesto maggiore equità nei confronti tra banche di diversi Paesi.

“Siamo in un momento particolarmente delicato e fluido, data anche la recentissima proposta lanciata dall’EBA di costituire un veicolo finanziario europeo, in cui riversare i crediti deteriorati accumulati dalle banche UE senza svalutarli eccessivamente grazie alla presenza di capitale privato ma anche di fondi comunitari”, ha spiegato Antonella Sciarrone Alibrandi, ordinario di Diritto bancario alla facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative dell’Università Cattolica. “Pur non conoscendosi ancora i dettagli di questo veicolo, una European Asset Management Company, è abbastanza chiara però la sua struttura di base ed anche il forte impatto che la sua costituzione potrebbe avere sul mercato degli NPL”.

L’elevato stock di NPL deriva dalla crescita delle nuove sofferenze e dalla sostanziale stabilità dei tassi di estinzione. Il primo elemento risente della capacità reddituale e patrimoniale dei debitori; da questo punto di vista la situazione resta critica, posto che il tasso di disoccupazione, se pur in lieve calo nell’ultimo triennio, a fine 2016 si attesta al 11,5% (al terzultimo posto nell’Area Euro) e il numero dei fallimenti nel 2016, pur inferiore al picco del 2014 (12.000 contro 14.000) resta comunque doppio rispetto al 2007.

La stabilità dei tassi di estinzione risente dell’elevata durata media (circa 7 anni) dei recuperi, anche a causa delle lentezze del sistema giudiziario italiano. Quest’ultima criticità è stata affrontata con nuove normative (come i DLGS 83/2015 e 59/2016) e investimenti in digitalizzazione (si pensi ai nuovi servizi presenti sul portale del Ministero della Giustizia).

Oltre a ridurre la durata dei contenziosi, le banche devono ovviamente attrezzarsi per massimizzare i recuperi, che dipendono dalle caratteristiche delle esposizioni in sofferenza. Considerato che molti NPL sono garantiti da real estate (il 34,6% delle famiglie con crediti in sofferenza possiede almeno un fabbricato, dato che sale al 36,0% per le imprese), è necessario che si consolidi l’attuale, timida ripresa delle quotazioni immobiliari, per ora concentrata nelle zone metropolitane.

È poi necessario migliorare il coordinamento tra le singole banche, posto che da un’analisi di Eurisc (CRIF) si rileva che circa il 36,5% degli NPL coinvolgono più di un istituto. Per generare recuperi più elevati, dunque perdite minori per il conto economico, è necessario migliorare l’efficienza dei processi utilizzati e la qualità delle informazioni disponibili.

 

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