Sace va dritta al Tribunale Ue

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La questione Sace Bt finisce davanti al Tribunale europeo. Alessandro Castellano, l’amministratore delegato della controllante Sace, è convinto di spuntarla contro la Commissione Ue, che a marzo scorso aveva condannato Bt a restituire 70 milioni alla capogruppo considerati aiuti di Stato. Una partita che, come anticipato da MF-MilanoFinanza, va avanti da oltre due anni e riguarda gli interventi di Sace, utili a coprire le perdite della controllata conseguenti alla crisi del 2008 che aveva fatto esplodere i sinistri delle operazioni a breve termine.

Nel mirino dell’Unione Europea c’è in particolare un trasferimento di 29 milioni, seguito a breve distanza da un’altra iniezione di liquidità nel conto capitale di Sace Bt di 41 milioni, oltre alla concessione di una copertura riassicurativa. Se gli obblighi imposti dalla Commissione venissero confermati, la continuità aziendale di Sace Bt potrebbe essere messa a rischio. Secondo i legali che seguono la difesa di Sace (gli avvocati Mario Siragusa e Giulio Rizza dello studio Cleary Gottlieb Steen & Hamilton), specializzati in diritto della concorrenza comunitario, si tratterebbe però di interventi perfettamente leciti e sono stati pronti a indicare tre motivazioni a loro supporto. La prima è che le misure controverse non sarebbero imputabili allo Stato italiano perché adottate dal cda di Sace nella «propria piena autonomia commerciale e strategica, assecondando logiche squisitamente di mercato». Riguardo alla questione della copertura riassicurativa nella deposizione del loro ricorso i legali hanno invece sottolineato che «dal rapporto di riassicurazione ha tratto un beneficio economico unicamente la società madre» e anche la tesi secondo la quale la commissione pagata da Bt a Sace sarebbe dovuta essere superiore di almeno il 10% non starebbe giuridicamente in piedi. Ma la motivazione più interessante alla base del ricorso dell’assicuratore del credito ora controllato da Cdp (ma fino a fine 2012 detenuta dal ministero dell’Economia) è che senza quei due interventi di ricapitalizzazioni finiti sotto la lente di Bruxelles i problemi per Sace sarebbero potuti essere anche maggiori. Perché «la liquidazione della controllata avrebbe esposto il gruppo al rischio di un danno potenziale di valore ben superiore a quello del capitale residuo stimato per la fine del 2009». Come dire: gli interventi sarebbero stati dettati da accorte scelte manageriali e nulla hanno a che vedere con gli aiuti di Stato. Una tesi che potrebbe presto avere il supporto anche del ministero dell’Economia che sta valutando la deposizione al Tribunale europeo di un intervento ad adiuvandum a sostegno della linea difensiva di Sace. Anche se, ovviamente, a questo punto il parere più importante sarà quello dei giudici.
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