Sainsbury’s e Asda stanno negoziando un progetto ormai ben avviato di fusione da 10 miliardi di sterline

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Il popolo inglese si è espresso La notizia è stata confermata in una nota dalla J Sainsbury plc, società che controlla lo storico marchio omonimo di supermercati creato a Londra nel lontano 1869. La società – il cui maggiore azionista è ora il fondo sovrano del Qatar, con un 21% di quote – è ormai sul punto di chiudere la trattativa con Walmart, il gigante mondiale americano del retail che dal 1999 ha assorbito Asda in Gran Bretagna. Sainsbury’s e Asda coprono insieme oltre il 31% del mercato britannico della grande distribuzione, mentre Tesco da sola si attesta attualmente al 27,6% ed è tornata in utile di recente.

La sfida di Amazon

Se la fusione andrà in porto, come appare ormai certo, si tratterebbe della prima risposta di sistema ad Amazon, che sta aggredendo il mercato della grande distribuzione (nel Regno Unito più che altrove) puntando sulla spesa a domicilio. L’operazione di consolidamento potrebbe essere stata accelerata anche dalla Brexit e dalle conseguenti debolezza della sterlina e incertezza degli scenari macro-economici. Queste circostanze nei mesi scorsi hanno provocato un’ondata di tagli di posti di lavoro da parte delle tradizionali insegne della distribuzione organizzata, che si sono trovate anche a fronteggiare l’impressionante crescita delle catene tedesche low-cost, Lidl e Aldi, che hanno conquistato un segmento di clientela a minore capacità di spesa. Ma la fusione sembra essere determinata soprattutto dalle ottime performance di Amazon negli Stati Uniti dopo l’acquisizione della catena bio Whole Foods. È lì, del resto, che Walmart, maggiore retailer del mondo, sente maggiormente la pressione di quella che si sta configurando sempre più come una piattaforma logistica globale e integrata grazie al boom del commercio elettronico. La maxi-fusione significa per Walmart, in realtà, un ulteriore ridimensionamento della sua scala internazionale (dopo aver abbandonato Germania e Corea del Sud), considerando che il colosso Usa manterrebbe certo una partecipazione significativa della nuova entità, ma finirebbe per diluirsi.

Le incognite

Alla guida della nuova entità societaria potrebbe andare Mike Coupe, amministratore delegato di Sainsbury’s con un passato professionale importante in Asda. E’ l’uomo che più di ogni altro si sta battendo contro gli effetti dell’e-commerce che finora ha impattato più su altri segmenti. Come l’abbigliamento (è fallita la catena di negozi BHS) e l’elettronica (portando fuori mercato il rivenditore Maplin). I due gruppi in procinto di fondersi hanno una perfetta integrazione di mercato, poiché Asda si rivolge a una clientela medio-bassa mentre Sainsbury’s è più orientata a un segmento benestante. La prima incognita relativa alla possibile fusione investe la filiera alimentare, che potrebbe essere costretta a rivedere i margini con i distributori. La seconda riguarda la forza lavoro: soprattutto le funzioni di staff come il marketing e le vendite che diventeranno doppie. Ma probabilmente impatterà anche sulla composizione geografica dei supermercati, alcuni ravvicinati nei grandi centri urbani, anche se Asda è più presente nel nord del Paese mentre Sainsbury’s privilegia il sud e l’area londinese. L’operazione non dovrebbe registrare problemi di Antitrust visto anche il recente acquisto da parte di Tesco della Booker Group per il quale l’autorità britannica non ha posto veti. Esistono sicuramente dei benefici, sul fronte delle economie di scala, in un’operazione di questo tipo ha dichiarato a Blooomberg Bryan Roberts, analista della TCC Global. Tuttavia, un nuovo gruppo più grande non elimina i problemi che già oggi entrambi i retailer devono affrontare. Anche così, infatti, non diventeranno più concorrenziali rispetto a Lidl o Aldi.

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