Il Monte dei Paschi non sarà commissariato. La Banca d’Italia ha alzato una diga in difesa dell’istituto senese, dopo lo scandalo sui derivati deflagrato la scorsa settimana.
Ieri fonti di via Nazionale hanno ribadito che non vi sarà alcuna procedura di amministrazione straordinaria, dopo che a Davos lo stesso governatore Ignazio Visco aveva già escluso «azioni immediate». Il messaggio si è posto sulla stessa lunghezza d’onda di quello lanciato nel pomeriggio dal presidente Alessandro Profumo a margine di un convegno: «Credo che la banca non vada commissariata e non verrà commissariata». Parole che non sarebbero state così nette, se Profumo non contasse sull’appoggio di Bankitalia. Già mercoledì 23 Via Nazionale aveva espresso fiducia nei nuovi vertici del Monte, sottolineando in una lettera che «gli amministratori stanno cooperando con l’autorità giudiziaria e con la Banca d’Italia per accertare le passate circostanze». Va detto che, in base alla normativa del Testo unico bancario, una banca può essere commissariata solo per gravi perdite del patrimonio o gravi irregolarità nell’amministrazione. Anche se per il momento non si conosce l’entità delle perdite riportate sui derivati Santorini, Alexandria e Nota Italia (prime stime parlano di circa 720 milioni), il management confida che i 3,9 miliardi di Monti bond possano allineare il patrimonio ai parametri Eba.
Sempre ieri peraltro il cauto ottimismo di Profumo si è sposato con quello dell’amministratore delegato Fabrizio Viola che a Porta a Porta ha ribadito: «Mps non è in ginocchio.
Vista dalla parte dei correntisti e degli obbligazionisti la situazione della banca è sotto controllo, non ci sono criticità». La prudente fiducia del management ha in parte rassicurato anche Piazza Affari, dove ieri il titolo Mps ha guadagnato lo 0,65% a 0,26 euro dopo una partenza a razzo. Gli scambi sono stati come sempre vorticosi: sono passate di mano oltre un miliardo di azioni, pari all’8,7% del capitale.
È indubbio, insomma, che la bufera dei derivati stia paradossalmente rafforzando i vertici della banca, facendone dei veri e propri proconsoli di Bankitalia agli occhi del mercato. Non solo. La mannaia calata sul sistema Siena ha indebolito ulteriormente la Fondazione, oggi azionista di maggioranza relativa della banca al 34,9%. Anche se l’ipotesi di un commissariamento dell’Ente è remota, la sua influenza sugli assetti di governo della Rocca ne esce indubbiamente ridimensionata dallo scandalo. A tutto vantaggio di Viola e di Profumo.