Sdoganato l’utilizzo negli accertamenti fiscali di dati che arrivano da liste rubate
Sistema architettato per far pagare le tasse solo a noi e alle pmi

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Voluntary disclosure possibile per chi, rientrante nella lista Falciani, non ha subito accessi, ispezioni, verifiche o accertamento amministrativo o procedimento penale. In questo caso infatti scatta una causa ostativa che impedisce la regolarizzazione attraverso la collaborazione volontaria.

È questa la portata politica della risposta fornita dal sottosegretario al ministero dell’economia Enrico Zanetti all’interrogazione di Giovanni Paglia (Sel) ieri in commissione finanze della camera. L’interrogazione, infatti, conferma (si veda ItaliaOggi del 24/2/2015) i contenuti del documento del relatore, il prossimo 15 aprile, davanti le sezioni unite della Corte di cassazione, sull’utilizzabilità o meno per gli accertamenti fiscali dei dati acquisiti irritualmente. Il giudice relatore ha riconosciuto infatti la fondatezza della richiesta dell’amministrazione finanziaria di poter accertare la posizione del contribuente con tutti i dati conosciuti e comunque in suo possesso indipendentemente dalla provenienza.

La decisione delle sezioni unite che, con ogni probabilità, confermeranno la posizione del giudice relatore, sono destinate a mettere un punto sulla questione che ha visto divisa la giurisprudenza sia di merito sia di legittimità sull’utilizzabilità delle prove irritualmente raccolte, con una portata che va oltre l’elenco dei nomi contenuti nella lista Falciani.

Rimanendo, poi, ancora legati alla vicenda dei dati rubati nel 2008 dall’informatico della banca svizzera Hsbc (tra cui i nomi di circa 7.700 contribuenti italiani) e trasmessi dalla Francia all’Italia, nella risposta del sottosegretario Zanetti si affronta il nodo se chi è inserito nella lista Falciani può far ricorso o meno alla procedura di collaborazione volontaria, introdotta con la legge 186/2014. Sul punto si legge nel documento che «la procedura di collaborazione volontaria prevede che la stessa non può essere attivata dai contribuenti che abbiano avuto la formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativi o di procedimenti penali, per violazione di norme tributarie, relativi all’ambito oggettivo di applicazione della procedura. Alla luce di ciò» prosegue Zanetti, « i contribuenti facenti parte della cosiddetta lista Falciani che si trovino nelle suddette condizioni non possono essere ammessi alla procedura di collaborazione volontaria» e se chiedessero in presenza di cause ostative mentendo sulla loro esistenza ricadrebbero nel reato di falsa attestazione.

La voluntary disclosure resta aperta, dunque, per coloro che pur con il nome nella lista Falciani abbiano scudato o abbiano chiuso per quelle annualità l’eventuale contenzioso con il fisco, avendo invece aperte altre irregolarità.

Dai dati forniti dalla Guardia di finanza e ripetuti ieri in commissione finanze della camera risulta infatti che alla data del 29 gennaio 2015 a fronte di 5.439 nominativi oggetto di segnalazione sono stati conclusi 3.276 interventi ispettivi con elementi positivi di reddito non dichiarati per 741.755.879 mln di euro, Iva dovuta per 4.363.748, Iva non versata per 156.981, ritenute operate e non versate per 10.066 euro. Il tutto segnalato all’Agenzia delle entrate per il recupero a tassazione. Le restanti posizioni non sono state approfondite, spiegano dalla Gdf perché i soggetti indicati non risultavano aver effettuato movimentazioni.

Infine sul fronte dei controlli l’intera vicenda è stata seguita dalla Guardia di finanza in quanto l’Agenzia delle entrate riferisce di non essere mai venuta in possesso della lista Falciani e di non essere per questo in grado di effettuare una verifica di corrispondenze richiesta dall’interrogazione di Paglia.

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