Se Rete Imprese Italia perde la voce

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rete-imprese-italiaIl 2015 sarà l’anno del “ritmo” e della “ripartenza” anche per Rete Imprese Italia, oppure continuerà la navigazione con i motori al minimo che abbiamo potuto constatare negli ultimi tempi? Vediamo.

A causa del congresso della Confcommercio, in programma nei prossimi mesi, la sequenza degli avvicendamenti del portavoce ha subito una modifica: non sarà l’organizzazione presieduta dal milanese Carlo Sangalli a indicare lo speaker bensì la Cna nella persona del torinese Daniele Vaccarino. Fin qui niente di particolarmente rilevante, il problema è infatti un altro.

Il futuro di Rete Imprese Italia è tra i temi principali del congresso di Confcommercio e uno dei protagonisti del dibattito interno, il direttore generale Francesco Rivolta, nelle settimane scorse è uscito allo scoperto sostenendo due concetti: a) Rete deve superare la mission per cui è stata fondata ovvero la rappresentanza “sindacale” di artigiani e commercianti sulle grandi materie come il fisco, le regole del lavoro e il credito; b) deve evolvere in una sorta di Cnel dei Piccoli. Più un “lascia” che un “raddoppia”, dunque. La posizione di Rivolta sarà alla fine l’opinione ufficiale della Confcommercio? Oppure, alla fine, verrà fuori una posizione più sfumata?

In attesa di conoscere gli sviluppi sarebbe interessante che anche le altre organizzazioni discutessero del tema apertamente e pubblicamente, se è vero, come è ovvio, che il futuro di Rete non si può decidere ad un solo tavolo.

Nessuno si nasconde che l’agenda delle associazioni di rappresentanza di artigiani e commercianti ha altre pesantissime emergenze, tutte centrate sulla capacità o meno di saper reagire al sesto anno della Grande Crisi. E di conseguenza richiamare il tema di Rete e della rappresentanza, può sembrare quasi come chiedere ai Vaccarino, ai Venturi, ai Merletti, ai Basso di guardare il proprio l’ombelico e non il contesto politico-economico. Ma non è così, l’abc della rappresentanza prevede – da sempre – un nesso inscindibile tra forza dell’organizzazione e efficacia delle policy. Nel caso in questione si fa fatica a scorgere sia l’una che l’altra. Ed è un vero peccato.

Sintomatica a questo proposito l’assenza di qualsiasi riflessione su una politica industriale pensata, progettata e costruita sulla taglia dei Piccoli. Eppure le trasformazioni dell’economia post-crisi richiederebbero uno sforzo in questa direzione. Sono le filiere le grandi protagoniste di un possibile rilancio e attorno ad esse ci sarebbe tanto da costruire, persino da inventare. Il “raddoppio” di Rete invocato da quanti non hanno condiviso la sortita di Rivolta potrebbe iniziare proprio da qui.Il 2015 sarà l’anno del “ritmo” e della “ripartenza” anche per Rete Imprese Italia, oppure continuerà la navigazione con i motori al minimo che abbiamo potuto constatare negli ultimi tempi? Vediamo.

A causa del congresso della Confcommercio, in programma nei prossimi mesi, la sequenza degli avvicendamenti del portavoce ha subito una modifica: non sarà l’organizzazione presieduta dal milanese Carlo Sangalli a indicare lo speaker bensì la Cna nella persona del torinese Daniele Vaccarino. Fin qui niente di particolarmente rilevante, il problema è infatti un altro.

Il futuro di Rete Imprese Italia è tra i temi principali del congresso di Confcommercio e uno dei protagonisti del dibattito interno, il direttore generale Francesco Rivolta, nelle settimane scorse è uscito allo scoperto sostenendo due concetti: a) Rete deve superare la mission per cui è stata fondata ovvero la rappresentanza “sindacale” di artigiani e commercianti sulle grandi materie come il fisco, le regole del lavoro e il credito; b) deve evolvere in una sorta di Cnel dei Piccoli. Più un “lascia” che un “raddoppia”, dunque. La posizione di Rivolta sarà alla fine l’opinione ufficiale della Confcommercio? Oppure, alla fine, verrà fuori una posizione più sfumata?

In attesa di conoscere gli sviluppi sarebbe interessante che anche le altre organizzazioni discutessero del tema apertamente e pubblicamente, se è vero, come è ovvio, che il futuro di Rete non si può decidere ad un solo tavolo.

Nessuno si nasconde che l’agenda delle associazioni di rappresentanza di artigiani e commercianti ha altre pesantissime emergenze, tutte centrate sulla capacità o meno di saper reagire al sesto anno della Grande Crisi. E di conseguenza richiamare il tema di Rete e della rappresentanza, può sembrare quasi come chiedere ai Vaccarino, ai Venturi, ai Merletti, ai Basso di guardare il proprio l’ombelico e non il contesto politico-economico. Ma non è così, l’abc della rappresentanza prevede – da sempre – un nesso inscindibile tra forza dell’organizzazione e efficacia delle policy. Nel caso in questione si fa fatica a scorgere sia l’una che l’altra. Ed è un vero peccato.

Sintomatica a questo proposito l’assenza di qualsiasi riflessione su una politica industriale pensata, progettata e costruita sulla taglia dei Piccoli. Eppure le trasformazioni dell’economia post-crisi richiederebbero uno sforzo in questa direzione. Sono le filiere le grandi protagoniste di un possibile rilancio e attorno ad esse ci sarebbe tanto da costruire, persino da inventare. Il “raddoppio” di Rete invocato da quanti non hanno condiviso la sortita di Rivolta potrebbe iniziare proprio da qui.

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