Sì al mutuo maggiore del prezzo

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La concessione di mutui per importi eccedenti il costo di acquisto di immobili con il fine di finanziare gli oneri accessori non rappresenta, da sola, una prova sufficiente a rettificare il valore della compravendita immobiliare. È quanto emerge dalla sentenza 283/01/2014 della Ctr Sardegna (presidente Lener, relatore Frenda).

La questione ha interessato una società di persone e i suoi soci ai quali l’Ufficio ha contestato un maggior reddito imponibile e maggior Iva dovuta, sulla base della presunta sottofatturazione di cinque distinte cessioni immobiliari concluse nel corso del 2005. Tra gli altri motivi, l’accertamento induttivo – ex articoli 54 del Dpr 633/1972 e 39, comma 1, lettera d) del Dpr 600/1973 – è fondato sul presupposto che, in due ipotesi, l’erogazione dei relativi mutui ipotecari fosse avvenuta per un importo superiore al valore indicato nell’atto di compravendita e sul fatto che gli istituti di credito non concedono finanziamenti superiori all’80% del valore di perizia. A ulteriore fondamento della sua pretesa, inoltre, l’Ufficio ha contestato l’esiguo margine di ricarico (con conseguente presunta anti-economicità delle compravendite) e lo stesso valore di cessione, che secondo le Entrate discorda sia dai valori Omi che da quello al metro quadro calcolato sulle rimanenze finali della stessa società.
I contribuenti, dopo un tentativo di adesione non andato a buon fine e il rigetto dei ricorsi proposti davanti alla Ctp di Cagliari (si veda la sentenza 185 del 16 settembre 2011), hanno proposto appello. La Ctr ha accolto il ricorso dei contribuenti e i motivi addotti, ritenendo che le presunzioni su cui si fondava l’accertamento non fossero assistite dai requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla normativa.
Infatti, in seguito all’emanazione della legge comunitaria 2008, è stato abrogato l’articolo 35, comma 23-bis, del Dl 223/2006 che aveva elevato al rango di presunzione legale relativa il valore normale dei trasferimenti immobiliari. Sia ai fini delle imposte dirette, sia dell’Iva. Con la “retrocessione” a presunzione semplice, qualora il correspettivo della cessione immobiliare risulti inferiore all’importo del mutuo contratto (oppure ai valori rilevati dall’Omi), l’onere della prova della veridicità dell’atto di compravendita non ricade più automaticamente sul contribuente.
Questi elementi rappresentano, infatti, indizi di evasione da prendere in esame per valutare la gravità, precisione e concordanza della presunzione. Una volta accertati, possono essere confutati dal contribuente con fatti e circostanze adeguatamente supportate e documentate (al riguardo si vedano anche le sentenze di Cassazione 17915/2014 e 15054/2014 e le Ctr Emilia Romagna 488/1/2011 e Ctr Lombardia 96/8/2011).
Su tali presupposti, dopo aver esaminato gli altri elementi della controversia, il Collegio ha precisato che il maggior valore dei mutui erogati, rispetto al prezzo contenuto nell’atto, risultava giustificato da una documentata e plausibile sopravvalutazione della perizia effettuata dal tecnico dell’istituto di credito. Inoltre, la prassi della concessione di mutui per importi eccedenti il costo sostenuto – per l’acquisto degli immobili e destinato a finanziare oneri accessori connessi con l’acquisto – è ben nota all’agenzia delle Entrate: l’amministrazione finanziaria ha disciplinato con apposite circolari questa evenienza (ad esempio, la circolare 15/E/2005), riconoscendo, implicitamente, l’esistenza della prassi (particolarmente diffusa nei periodi di favorevole congiuntura economica, come per l’appunto il 2005).

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