Si riaprono le trattative tra imprese, banche e società di factoring

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Buone nuove per la cessione del credito Iva trimestrale. Dopo anni in cui il ministero delle finanze ha escluso la cedibilità dei rimborsi Iva riferiti a periodi inferiori all’anno, la Corte di appello di Venezia (sent. n. 2252 del 2/10/2013) non ha riconosciuto valide le motivazioni ministeriali per discriminare fra il credito Iva a rimborso annuale e quello trimestrale. In pratica, i giudici di secondo grado hanno ritenuto che non vi sono ragioni per negare l’esistenza giuridica del credito maturato nel trimestre (e quindi la sua cedibilità), purché lo stesso trovi poi riscontro e conferma nella dichiarazione Iva annuale. Tale documento, infatti, esporrà non solo le eccedenze dell’imposta relative all’intero anno, bensì anche la parte di Iva domandata a rimborso su base trimestrale. Pertanto, il credito infrannuale chiesto a rimborso è perfettamente simmetrico a quello richiesto a rimborso in dichiarazione annuale, e di conseguenza è legittimamente cedibile, secondo le formalità previste dall’art. 69 del r.d. 2440/1923, salve le garanzie ex lege e quelle generali degli artt. 1266 e 1267 c.c. Confermando la decisione dei giudici di primo grado, la Corte d’appello di Venezia ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle entrate territorialmente competente, chiarendo che il credito Iva formatosi in sede trimestrale, allo stesso modo di quello annuale, deriva da operazioni effettuate nel corso dell’anno d’imposta, riepilogate nella dichiarazione annuale Iva. Da queste operazioni può derivare a favore del contribuente un’eccedenza che, se richiesta a rimborso, costituisce un credito certo, liquido ed esigibile e non soltanto un’aspettativa di rimborso (Cass. civ., 23 febbraio 1984, n. 1286). La Corte ha, quindi, evidenziato come il concetto normativo di credito Iva risultante dalla dichiarazione annuale non sia riferito soltanto alle somme chieste a rimborso per la prima volta in sede di dichiarazione annuale, ma anche agli importi chiesti a rimborso in sede trimestrale, secondo le disposizioni dell’art. 38-bis, dpr 633/72. La prima decisione che ha rigettato la tesi dell’erario è del Tribunale di Venezia (sent. n. 436 del 19 febbraio 2008). Il tribunale aveva accolto la domanda di pagamento del cessionario, società di factoring, il quale, interpellata l’Agenzia delle entrate, si era visto negare il rimborso sulla base del fatto che la cessione, seppure regolarmente notificata all’ufficio competente dell’Agenzia, non avrebbe prodotto alcuna obbligazione nei confronti dell’erario, che aveva pagato il cedente successivamente fallito, con danno grave a carico del cessionario. Il tribunale ha così condannato le Entrate a rimborsare nuovamente il credito Iva nei confronti del cessionario.

La pronuncia n. 2252/13 dei giudici dell’appello getta sicuramente le basi per una ripresa delle trattative tra impresa, banche e società di factoring relativamente allo smobilizzo (mediante cessione all’istituto di credito) del credito trimestrale Iva, con la conseguente possibilità di creare liquidità per l’impresa cedente, purché l’azienda sia in regola con gli adempimenti tributari e i pagamenti verso Equitalia. Occorrerà tuttavia verificare nel concreto, vista la permanente stretta creditizia italiana, la reale intenzione delle banche di affidare le imprese nelle operazioni di cessione del credito Iva trimestrale. È da ritenersi che in tali interventi da parte degli istituti di credito il ruolo dei confidi possa essere determinante al fine dell’approvazione dell’operazione. Per ciò che riguarda gli aspetti formali occorrerà riferirsi alle procedure in essere per il rimborso Iva annuale. Per gli effetti dell’operazione, occorre riferirsi all’art. 69, r.d. 2440/1923, secondo cui le cessioni di crediti devono essere notificate all’amministrazione centrale, in deroga all’art. 1264 c.c. per la quale la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto solo quando questi l’abbia accettata. La notifica deve avvenire per tempo, giacché essa rimane priva di effetto riguardo agli ordini di pagamento che risultino già emessi e le cessioni di crediti devono altresì risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata dal notaio. L’atto dovrà contenere l’esatta individuazione delle parti e dell’importo del credito ceduto e il creditore avrà poi l’obbligo di notificare formalmente all’ufficio dell’Agenzia delle entrate l’avvenuta cessione.

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