Un piano per accompagnare la quarta rivoluzione industriale
Chi sono le pmi innovative?

Ancora nessun commento

Definizione epocale che è stata battezzata lo scorso gennaio, in occasione dell’ultimo vertice di Davos, intitolato appunto “Mastering the Fourth Industrial Revolution”. O, quantomeno, per dare all’Italia sia le risorse sia le direttrici d’azione per ridurre il gap digitale che la separa non solo dall’Europa, ma che separa in due lo stesso Paese (aree raggiunte da banda larga, aree in cui essa è assente e nessuno ce la vuole portare, per esempio) e limita lo sviluppo di quell’Industry 4.0 o Smart Manufactoring che costituisce il nuovo mantra dell’economia industriale.
Durante un incontro al Ministero dello Sviluppo Economico e quindi a Milano (luogo scelto, il Museo della Scienza e della Tecnica “Leonardo da Vinci”), il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, affiancato dal Ministro dell’Economia Padoan e da quello dello Sviluppo Economico Calenda annunciano oggi l’avvio del Piano Italia 4.0, un «progetto di crescita» che si pone come o rizzonte il 2020 . Lo schema prevede quattro direttrici di intervento per sensibilizzare il settore industriale:
1. investimenti innovativi,
2. infrastrutture abilitanti,
3. competenze e ricerca,
4. awareness e governance.
Il piano andrà a mobilitare 10 miliardi di investimenti industriali aggiuntivi e 7 miliardi in più per la ricerca e sviluppo; i primi interventi entreranno già in legge di bilancio, altri arriveranno in una seconda fase. Questi gli investimenti chiave.

Banda ultralarga

È chiaramente un’infrastruttura fondamentale per lo sviluppo della manifattura 4.0. Secondo il Piano, entro il 2020 almeno la metà delle imprese italiane dovrà essere servita da reti a 100 mega e tutte dovranno potere contare almeno su 30 mega. Il piano sull’ultrabroadband già c’è, così come gran parte delle risorse pubbliche che sono state stanziate: 6,7 miliardi tra fondi nazionali ed europei. Il nodo ora è farlo decollare anche in quelle zone del Paese che si trovano a cavallo tra quelle a “fallimento di mercato” – le cosiddette aree “bianche” dove lo Stato sta investendo 3 miliardi (già partiti i primi bandi) perché i privati altrimenti non lo farebbero – e quelle in condizione di concorrenza, le aree “nere” dove ci sono già i privati in campo. Un passaggio cruciale questo perché in queste zone “grigie” («caratterizzate – si legge nella bozza del piano – dalla presenza di un unico operatore di rete a banda larga») ci sono il 69% delle imprese. Qui è previsto un investimento pubblico di 3,7 miliardi che dovrebbero mobilitare anche risorse private con una serie di misure che al momento sono in attesa di approvazione da parte della Commissione Ue: allo studio ci sono voucher per l’attivazione dei servizi di connettività , defiscalizzazioni sugli investimenti , accesso agevolato al credito , assegnazione ai privati della proprietà dell’infrastruttura , ecc. La bozza prevede infine iniziative per la cybersecurity – dal recepimento della direttiva Nis sulla sicurezza delle reti alla formazione sui rischi cibernetici – e per la diffusione di standard comuni.

Competenze e ricerca

La scommessa è diffondere la cultura della manifattura intelligente già a partire dai banchi di scuolaraggiungendo 8 milioni di studenti della primaria e secondaria attraverso il piano nazionale sulla scuola digitale appena lanciato e altri 250mila studenti delle superiori attraverso l’alternanza scuola lavoro. Il piano prevede di stanziare 70 milioni aggiuntivi per sviluppare nuovi corsi universitari 4.0 e master sugli stessi temi per arrivare a formare 200mila studenti e 3mila futuri manager. In pista anche l’ampliamento dell’offerta formativa ad alta specializzazione tecnologica raddoppiando il numero di studenti degli Its (gli istituti tecnici superiori) che gravitano nei settori di industria 4.0. Cruciale infine il dialogo tra mondo della ricerca e imprese: da qui il finanziamento a 900 dottorati di ricerca specializzati (di cui 100 sui big data), il potenziamento del cluster nazionale fabbrica intelligente e la creazione soprattutto di «competence center» legati a poli universitari di eccellenza – i Politecnici di Milano, Torino e Bari, l’Università di Bologna e il Sant’Anna di Pisa – a cui affidare il compito di fare formazione e sperimentare con le imprese le nuove tecnologie 4.0. Per irrobustire questi poli d’eccellenza potrebbe essere prevista una dote di 100 milioni.

Venture capital

Sono previsti 1,5 miliardi di investimenti per il venture capital. Circa 270 milioni dovranno servire ad attivare fondi di investimento dedicati all’industrializzazione , un fondo dedicato a start-up Industria 4.0 , detrazioni fiscali fino al 30% per investimenti fino a 1 milione in start-up e Pmi innovative, assorbimento da parte di società “sponsor” delle perdite di start-up per i primi 4 anni.

La situazione, oggi

Ma se le risorse e le idee sembrano poderose, bisogna fare i conti con una realtà di partenza complessa e a macchia di leopardo. Secondo i dati dell’Osservatorio Smart Manufacturing della School of Management del Politecnico di Milano, oltre un terzo (38%) delle imprese industriali dichiara di non conoscere il tema Smart Manufacturing, ma con forti differenze per settore: nell’industria automotive , nell’ alimentare e nei macchinari chi non ne ha mai sentito parlare è limitato al 30%, in altri settori supera anche il 50%. Dato questo gap iniziale, la crescita in questo ambito è stimata del +30% rispetto al 2015; le più diffuse sono le applicazioni di Industrial Analytics sia a supporto di attività operative come produzione e logistica (20% del campione), sia della gestione della Supply Chain (15%); altrettanto buona è l’adozione di soluzioni Cloud ed Industrial IoT in fabbrica (rispettivamente 20% e 16%); tra le tecnologie meno consolidate spicca l’ Advanced Human Machine Interface nelle attività operative (15% del campione) anche se spesso ancora fermo allo stadio di progetto pilota.
Secondo i calcoli del Politecnico, il mercato dello Smart Manufacturing nel 2015 in Italia ha movimentato un valore di 1,2 miliardi di euro, cifra che rappresenta poco meno del 10% del totale degli investimenti industriali complessivi (10-12 miliardi), trainato in particolare da grandi aziende di macchinari e dell’automotive. Un mercato costituito in maggioranza da applicazioni tecnologiche di Internet of Things per l’industria (il 66% del valore), in cui i progetti sono ancora principalmente in una fase pilota.

Cosa chiedono gli imprenditori

La ricerca evidenzia anche, dalle risposte delle aziende intervistate (circa 900), le principali barriere allo sviluppo di questa prospettiva: il contesto, la mancanza di infrastrutture, gli impianti datati, i limiti culturali ed organizzativi. E chiedono al Governo soprattutto incentivi per l’ ammodernamento delle reti o per nuovi sistemi informativi (nel 50% dei casi), seguito da incentivi per nuovi macchinari per le Pmi(46%) e incentivi per corsi di formazione per le grandi aziende (38%). Infatti, dal tessuto produttivo emerge un allarme relativo alle competenze digitali nelle organizzazioni: raramente le aziende effettuano un’analisi delle competenze (il 29% delle grandi imprese e il 13% delle medio-piccole), ma quando viene eseguita emergono lacune importanti che richiedono azioni di correzione nel 62% dei casi, mentre nel 32% solo alcune figure possiedono le competenze e nel 6% le imprese si riconoscono già pronte. Il Piano Italia 4.0 dovrebbe dare risposta proprio a queste esigenze manifeste.
Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
Reddit
Tumblr
Telegram
WhatsApp
Print
Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

ALTRI ARTICOLI