Di seguito il comunicato firmato da Elio Lannutti, presidente dell’Adusbef, riguardo alla vicenda Unicredit e alla liquidazione “monstre” ricevuta dall’ex amministratore delegato Alessandro Profumo.
La liquidazione di 40 milioni di euro data da Unicredit ad Alessandro Profumo nel 2010 è il doppio di quanto gli sarebbe spettato sulla base dei contratti siglati prima dell’uscita dall’istituto bancario.
Stavolta ad affermarlo non è solo l’Adusbef, che aveva presentato un esposto dove chiedeva di accertare se la buonuscita erogata da Unicredit a Profumo configurasse una truffa, ma un perito incaricato dalla Procura di Roma, il professor Stefano Loconte che dopo aver effettuato la perizia, a conclusione del suo lavoro conclusiva del suo lavoro: “il depauperamento patrimoniale in danno della società e degli azionisti riscontrato nella corresponsione a Profumo di un’incentivo all’esodo non congruo, perché eccessivamente elevato, pur non integrando alcun reato potrebbe, rilevare un illecito di natura civilistica”.
In sostanza a Profumo furono concessi i premi perrisultati che non aveva raggiunto nel periodo 2007-2010.
Nelle 30 pagine, il professore Loconte, ripercorre le scelte fatte da Unicredit, con la cacciata di Profumo dalla banca comunicato il 21 settembre 2010, con una maxi liquidazione da 40 milioni di euro.
L’ex presidente Unicredit, Dieter Rampl, informa il cda di una serie di problemi legati al rapporto tra Profumo e il consiglio soprattutto riguardo al “caso Libia” (ossia quando i libici divennero azionisti di Unicredit e il collegio fu informato solo un giorno prima dell’annuncio dato da Consob).
In questo modo era venuto “meno il rapporto di fiducia tra l’intero consiglio e l’ad”. Profumo quindi se ne va e il rapporto si risolve in maniera consensuale. Rampl comunica al Cda che la liquidazione sarà di 40 milioni, di cui 2 vanno in beneficenza. Una somma alta che però si giustificherebbe, secondo Rampl, anche con il raggiungimento degli obiettivi di bilancio (per 12,7 milioni in tutto, di cui circa 3,3 milioni di retribuzione base,4,4 milioni di incentivo a breve e circa 5 milioni di incentivo a lungo termine). Il cda, con il solo voto contrario di Lucrezia Reichlin, approva. Ma il perito della Procura ora dimostra che non è vero che quei soldi gli spettassero.
Secondo la Procura di Roma (Pm Nello Rossi e Michele Nardi), che avevano aperto un fascicolo dopo la denuncia presentata dall’Adusbef, non ci sarebbe stata ipotesi di truffa, perché “la banca non ha rappresentato in modo fuorviante o non veritiero i fatti nelle note integrative ai bilanci 2008-2011”, integrando “tale depauperamento un illecito di natura civilistica, ma non penale”.
Al perito della Procura, il professor Stefano Loconte, viene affidato il compito di valutare innanzitutto la congruità della liquidazione dell’attuale presidente del Monte dei Paschi di Siena.
Dopo aver esaminato una serie di parametri e i risultati gestionali, il perito osserva: “Dall’analisi di tali dati è improbabile che il Ceo Profumo abbia raggiunto nell’anno 2010 i risultati e obiettivi fissati e approvati dall’Assemblea dei soci di Unicredit, come attestato dal Presidente nel Cda del 21 settembre 2010, nel quale precisava ai consiglieri Unicredit che “i 38 milioni di euro che verrebbero corrisposti al Signor Profumo tengono anche conto di una remunerazione target per il 2010 di circa 12,7 milioni di euro (circa 3,3 milioni di retribuzione base; circa 4,4 milioni quale incentivo a breve termine e circa 5 milioni quale incentivo a lungo termine, assumendo in entrambi i casi l’avvenuto raggiungimento degli obiettivi)”. Insomma, l’ex presidente Rampl avrebbe attestato in cda il raggiungimento di obiettivi che non erano stati raggiunti.
Il professor Loconte ricorda poi il triste andamento di Borsa del titolo Unicredit, le cui azioni ad aprile del 2007 valevano 7,665 euro, contro i 2,26 del 21 settembre 2010, giorno delle sue dimissioni. E riporta i giudizi del mercato sulla sua politica di acquisizioni: “Alcuni analisti evidenziano che le cause di questo crollo azionario siano dovute al fatto che il Ceo Profumo acquistando HVB nel 2005 non ha comprato una grande e solida banca tedesca, ma un istituto pieno di titoli tossici, troppo esposto sul mercato immobiliare, e che la fusione con Capitalia nel 2007 sia avvenuta per incorporazione, senza per altro una due diligence”. Due operazioni che “hanno visto il Ceo di Unicredit muoversi con discrete dosi di azzardo”.
Alla fine delle 30 pagine di analisi, si legge così che “in base alla performance della banca nel periodo 2007-2010, e da quanto percepito da Profumo al suo addio, si valuta che la cifra da corrispondere da parte della banca sarebbe stata circa la metà di quella effettivamente corrisposta”.
Dalla perizia della Procura emerge un danno patrimoniale che potrebbe anche originare un’azione di responsabilità da presentare alla prossima assemblea degli azionisti Unicredit. Adusbef non condividendo la richiesta di archiviazione, che non è stata notificata, presenterà una memoria di opposizione contro il presidente più che dimezzato del MPS, protetto come al solito dalla consolidata cricca ‘Bankitalia-Ministro dell’Economia’.