Sono 2 milioni e mezzo i giovani che non studiano e non lavorano
L’Italia ha pochi laureati nel confronto internazionale

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In Italia sono 2 milioni e mezzo, cioè il 21 per cento della popolazione nazionale nella fascia d’età che va dai 15 ai 29 anni.

In pratica uno su cinque degli italiani tra 15 e 29 anni non studia e non lavora e non si forma. Ma al sud sono uno su tre e per la maggior parte donne quelli che non studiano e non lavorano.

Secondo i dati dell’indagine We Word 2015 il fenomeno è andato crescendo di anno in anno a partire dal 2007 al ritmo di un punto percentuale ogni 12 mesi.

La causa principale di questo fenomeno è la dispersione scolastica.

Sono circa il 15 per cento i giovani che abbandonano gli studi prima di aver raggiunto il titolo previsto per il percorso formativo intrapreso. Le regioni con più dispersione sono Sardegna Sicilia Campania e Valle d’Aosta.

Secondo l’Indagine WeWorld 2015 i nostri giovani si possono dividere in tre categorie:

  • quelli di successo, che provengono da famiglie abbienti e da percorsi formativi privilegiati;
  • quelli che si trovano in una sorta di condizione di mezzo, avendo completato gli studi e provando a entrare nel mondo del lavoro, pur con molte difficoltà;
  • quelli che sono ai margini del sistema formativo e di quello lavorativo e sono talmente scoraggiati da smettere perfino di cercare.

I Neet sono quelli appartenenti alla terza categoria e sono spesso in una condizione psicologica di frustrazione e di rassegnazione spesso dovuta a bocciature scolastiche, difficoltà a trovare lavoro, esperienze negative di lavoretti in condizione quasi di sfruttamento. Tutto ciò e semplicemente folle. Siamo una società con un numero di giovani sempre più ridotto e ne emarginiamo una parte importante.

Una ricalibratura del Welfare deve partire dalla valorizzazione della nostra risorsa primaria. Deve partire da un forte investimento verso i giovani. Dagli asili nido, agli assegni familiari dalla lotta all’evasione scolastica a percorsi formativi professionalizzanti post media dell’obbligo.

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