Il datore di lavoro può richiamare in ufficio il dipendente in regime di lavoro agile
Lo smart working può essere imposto unilateralmente dal datore di lavoro, come ribadisce da ultimo l’articolo 90 del Dl Rilancio, viceversa, in generale, non può essere preteso dal lavoratore, salvo in alcuni casi specifici, in cui la legge ha stabilito priorità e diritti.
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Lo smart working può essere imposto unilateralmente dal datore di lavoro, come ribadisce da ultimo l’articolo 90 del Dl Rilancio, viceversa, in generale, non può essere preteso dal lavoratore, salvo in alcuni casi specifici, in cui la legge ha stabilito priorità e diritti.

Il lavoro agile, come configurato dalla legge 81/2017, presuppone in tempi “normali” il consenso delle parti (lavoratore e datore di lavoro), e si fonda su un accordo individuale stipulato in forma scritta. Nel periodo di emergenza, in virtù dei vari provvedimenti che si sono susseguiti, la regola del consenso è stata derogata, per entrambe le parti ma in modo diverso.

Prima della pandemia, era prevista solo una priorità nell’accesso allo smart working per le lavoratrici madri nei tre anni successivi al congedo di maternità e per i lavoratori con figli disabili (legge 145/2018). Non un diritto dunque, ma solo una priorità nell’accoglimento delle richieste, in caso di effettiva implementazione (decisa dal datore di lavoro) del lavoro agile in azienda.

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