Assegno bancario: la buona fede del portatore è presunta

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assegniNel caso sottoposto al suo esame, la destinataria della notifica di un atto di precetto, redatto a fronte di assegni bancari impagati, proponeva opposizione al medesimo, affermando che gli assegni erano stati consegnati al marito che ne aveva denunciato poi lo smarrimento.

In particolare, la ricorrente sosteneva che la denuncia di smarrimento di titoli solo firmati e non rimpiti, tempestivamente comunicata alla banca trattaria e indicata nell’atto di protesto, comporterebbe l’illecita circolazione degli assegni e la conseguente mala fede del creditore.

La Suprema Corte non ha, tuttavia, condiviso le doglianze dell’opponente.

Infatti, i giudici di legittimità hanno osservato che, ai sensi degli artt. 24 e 25 del R.D. n. 1736/1933, incombeva sulla ricorrente dimostrare che il portatore dei titoli avesse scientemente agito in suo danno e fosse venuto in possesso dei titoli con mala fede o colpa grave. Ne consegue che correttamente “il giudice, rilevato che l’attuale ricorrente non aveva adempiuto a quegli oneri, ha fatto dunque riferimento al consolidato principio secondo cui il detentore dell’assegno bancario, ove provi di averlo acquistato attraverso una serie continua di girate, è considerato portatore legittimo del titolo, onde può esercitare i diritti ad esso inerenti senza che occorra la prova della sua buona fede, nell’acquisto del titolo stesso, che è presunta. Il portatore perde la legittimazione cartolare qualora risulti che abbia acquistato l’assegno in mala fede o abbia commesso colpa grave acquistandolo. La prova della mala fede o della colpa grave incombe su chi allega tali stati soggettivi per farne derivare l’estinzione del diritto fatto valere dal portatore”.

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