Le dichiarazioni del vicedirettore generale di Bankitalia Fabio Panetta («Non si possono aumentare in modo continuo, indiscriminato ed eccessivo i requisiti di capitale bancari frenando ancora l’offerta di credito ») sono musica per le orecchie dei banchieri italiani, presi tra l’incudine delle perdite su crediti e il martello della nuova, occhiuta vigilanza Bce. «Nelle congiunture lunghe e profonde come l’italiana, il credit crunch normativo è il peggio che si possa avere – dice Sergio Gatti, direttore generale di Federcasse, che raggruppa 379 Bcc e Casse rurali -. Ma l’austerity non può andare avanti all’infinito, o avremo banche supersolide con il deserto attorno. Così come il nuovo presidente europeo interpreta meno rigidamente i vincoli di bilancio, questa sensibilità va trasmessa in parallelo a regolatori e supervisori bancari ».
Si pensa che le regole post-crisi svantaggino gli istituti italiani. Le cause sono più culturali, politiche o tecniche?
«Dei tre tipi, in ordine decrescente di peso. Culturale perché con le direttive di riferimento Crd IV e Crr, l’Europa è voluta diventare la prima della classe, pur avendo istituti diversi per modelli di business, proprietà, normative. Mentre proprio gli Usa, che la crisi avviarono, hanno diversificato le misure per tipi di banche, e fornito subito liquidità per tutte. Poi è arrivata la politica europea, ma non con la P maiuscola: e i paesi che oggi ci danno lezioni, come la Germania, hanno infuso 250 miliardi di aiuti cash al loro sistema creditizio, prima di stabilire il principio del bail inper cui la collettività non può pagare le crisi bancarie. Ci sono infine errori tecnici: pensiamo che la normativa Basilea 3 risale al 2010, prima delle crisi del debito sovrano che hanno portato la recessione in Europa».
I governi italiani hanno rappresentato a modo le istanze delle banche locali in Europa?
«Credo che un po’ di distrazione ci sia stata. Del resto, come diceva il governatore Ignazio Visco alla Camera, negli ultimi cinque anni a Bruxelles ha sempre parlato con lo stesso ministro delle finanze tedesche, e con cinque ministri italiani diversi. La costanza dell’azione di governo rafforza la credibilità con cui sostengono le proprie tesi. Ma il governo sta facendo dei passi avanti: speriamo ce ne siano altri, come un’iniziativa, compatibile con le regole di Bruxelles e di finanza pubblica, per estrarre le sofferenze dalle banche».
I crediti delle Bcc soffrono più degli altri?
«Al contrario: dai nostri dati sul 2014 le Bcc hanno un rapporto sofferenze/impieghi a società non finanziarie del 13,7% contro il 15,5% delle altre banche, e sulle micro imprese artigiane siamo al 9,6% contro il 15,6% del sistema. Segni che la banca di territorio resta un valore, malgrado il regolatore non sempre sembra tenerne conto».