Bpm, i soci bocciano il televoto di Bonomi

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L’assemblea della Banca popolare di Milano ha bocciato la proposta di introdurre il voto da casa, primo passo verso la trasformazione in spa. In una delle giornate più calde della sua storia l’istituto di Piazza Meda si è spaccato in due: da una parte i dipedenti-soci contrari al progetto del televoto, dall’altra parte il consiglio di gestione presieduto da Andrea Bonomi.

La bocciatura è stata accolta con un boato di esultanza dalla platea di oltre 1.700 soci riuniti alla Fiera di Milano.
“Il risultato dell’assemblea di Bpm è un primo, chiaro, responsabile segnale ai vertici di Bpm da parte delle lavoratrici, dei lavoratori, dei pensionati e della società civile milanese e lombarda”, hanno subito dichiarato Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, e Giuseppe Gallo, segretario generale della Fiba Cisl, in una nota congiunta. “I soci esprimono, con fermezza, tutti i dubbi e le preoccupazioni per il progetto di trasformazione in Spa e la volontà di preservare l’identità e l’autonomia della loro banca, fonte, nella sua lunga storia, di sviluppo e di coesione sociale”.

Bonomi invece si è limitato a commentare di non sentire come uno schiaffo il voto contrario incassato in assemblea. Nel suo intervento davanti ai soci il presidente aveva chiesto agli azionisti e ai sindacati di non affrontate la discussione sul cambio della governance “con guerre o decisioni affrettate”.

Anche se il voto da casa non era stato richiesto dalla Banca d’Italia, difficilmente la Vigilanza resterà ancora alla finestra dopo lo strappo di oggi. Di fronte alla riproposizione di dinamiche del passato Via Nazionale potrebbe intervenire con provvedimenti estremi come il congelamento del voto dei dipendenti-soci, previsto dall’articolo 20 del Tub. Anche se gli Amici non esistono più e i sindacati hanno avuto l’accortezza di evitare riferimenti al voto, la tesi di un patto parasociale occulto tra i dipendenti-soci potrebbe riprendere consistenza e giustificare interventi draconiani.

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